From: enzo pascalis
Sent: Sunday, February 18, 2007 12:09 PM
Subject: partenza
Ciao, anche quest'anno
abbiamo deciso di passare le nostre ferie in Sudamerica
in bici .
Voleremo sino a Buenos Aires e poi verso il nord
dell'Argentina a Salta. Da Salta inforcheremo
la bici
e, puntata la ruota verso nord, percorreremo i
400 km che ci separano dal confine boliviano a
3600 mt
di quota. In Bolivia continueremo su strade dissestate
a fondo naturale sino a Uyuni (3300 mt) da dove
inizieremo l'attraversata del lago salato più
esteso del mondo e degli altopiani desertici dei
salares a quote
variabili tra i 4000 e i 5000 mt. Se tutto va
bene dopo 1300 km arriveremo in Cile a San Pedro
de Atacama.
Se i mezzi telecomunicativi lo permetteranno,
avrete notizie sul viaggio.
A presto
Enzo&Roberto
p.s. dimenticavo di dirvi che in Bolivia ho un
amore segreto, una graziosa palomita (vedi foto)
From: enzo pascalis
Sent: Wednesday, February
21, 2007 11:51 PM
Dopo
un volo di 14 ore e un'altro di 3, siamo arrivati
a Salta. Siamo nel nord dell'Argentina a 400 km
dal confine Boliviano, 200 da quello Cileno e
a solo 4500 km da Ushuaia nell'estremo sud della
Patagonia. Le bici sono arrivate sane e salve,
e questo e' gia' un buon inizio. Dopo aver bighellonato
per le vie della bella e pulita citta' argentina,
questa mattina, sotto un cielo minaccioso, siamo
partiti alla volta di San Salvador de Jujuy distante
circa 100 km. Come inizio non e' stato male, il
percorso a tratti mi ha ricordato il camino austral
o la foresta nublada dell'Ecuador, un'angolo di
paradiso veramente fantastico. Tale era lo scenario
e la distrazione, che non abbiamo sentito nemmeno
la fatica nonostante fosse il debutto e avessimo
ancora le gambe legate ai sedili dell'aereo. Prima
dell'arrivo a Jujuy, un sinistro rumore sul ruotino
del carrello mi ha fatto seriamente preocupare,
ed infatti dopo un rapido controllo mi accorgevo
che il cuscinetto era ormai alla frutta. Cerco
un meccanico ciclista che mi smonta il mozzo e
mi estrae il cuscinetto, ma la cosa piu' stupefacente
e' che a 30 metri dalla sua officina c'era la
casa del cuscinetto, lo trovo identico tale e
qualle....evviva l'argentina e la sua gente ospitale
e genuina!
Domani si parte in direzione Humauaca, si sale
rapidamente di quota, occorre frenare la nostra
forza esplosiva perche' occorre fare un buon acclimatamento
all'altura per non finire miseramente come palloncini
quando si arriva a 4000.
Ora ci attende una mega bistecca, e perche' no,
magari accompagnata da un buon cabernet suovignon.
A presto
Enzo e Roberto
p.s. Roberto tira come un treno!
From: enzo pascalis
Sent: Friday, February 23, 2007 9:08 PM
Partiamo sa Jujuy all'ora di punta, tutti vanno
a lavoro e considerato che la citta' ha 350 mila
abitanti e comunque siamo in sudamerica, il caos
è indescrivibile. Camion bus fanno a gara
per passare in testa, molti di questi mezzi hanno
passato la trentina e la combustione non e' piu'
eccellente. Finalmente fuori dalla citta' il paesaggio
e l'aria pulita ci riconducono al nostro vero
viaggio. La strada, molto ampia, e' percorsa dai
bellissimi bus cama ( noi non li conosciamo nemmeno,
puoi dormirci lungo disteso)
che vanno verso il confine boliviano, ci superano
a 100 orari ma a differenza dei nostri, non ti
fanno il pelo ma passano nell'altra corsia....viva
l'argentina!
Si sale dolcemente sino ad un pueblo a trenta
km dalla partenza, il vento soffia alle spalle
e la cosa ci rende felici, i quasi, perche' a
farci perdere il sorriso ci si mette una salita
al 10% dritta dritta che non se ne vede la fine,
si sale lenti, non si superano i 10 orari, i 35
kg a traino si fanno sentire come rasoiate nelle
gambe pesanti come piombo. Il paesaggio incomincia
a cambiare lentamente, le quebradas con i loro
multicolori accesi dal sole che picchia impietoso,
prendono il posto delle verdi foreste, lo spettacolo
della natura ci affascina. Roberto aveva gia'
percorso queste stradequalche anno fa, ma non
si era accorto di tanta bellezza, viva la bici!
Arriviamo a Purmamarca, polveroso villaggio posto
all'interno di una valle a dir poco impossibile
da dipingere, le quebradas qui sono dai colori
mozzafiato, il colore della roccia cambia continuamento
a seconda dell'altezza del sole, valeva la pena
di salire sino qui, infatti abbiamo fatto 1300
metri di dislivello e la quota e' di 2400 metri.
A cena bistecca argentina e cabernet suovignon!.
Mattina del 23 febbraio, si parte alla conquista
di humauaca, 70 km piu' a nord e a 3000 metri
di altura. Occorre andare piano per non andare
in affanno e fare un brutto acclimatamento, ma
la salita ci calma i bollori e c'impone un ritmo
allegro ma mai fuori giri, occorre usare i rapporti
sapientemente, anche se la sensazione e' di star
bene e poter spingere forte. Anche oggi lo scenario
e' fantastico, le quebradas assumono sempre colori
diversi e il contrasto col verde a valle e' da
cartolina. Un po il paesaggio ricorda ls sierra
nevada del messico per la presenza di cactus giganteschi
e l'aridita' del terreno. Facciamo varie soste
per bere e rifornirci d'acqua, l'aria e' secca
e il sole picchia, ieri ci siamo scolati 3 litri
d'acqua e due birre con gazzosa a testa, e all'arrivo
abbiamo continuato a bere...acqua naturalmente..
Oggi il vento soffia contro ma non fastidioso,
le soste sono numerose, non abbiamo il numero
di gara e possiamo permetterci di arrivare per
ultimi. Dopo 70 km arriviamo nella cittadina di
Humauaca, strade in pietra e case di fango, quanto
e' distante Buenos Aires. Qui i tratti sommatici
della gente sono tipicamente andini, sono solo
abitanti del territorio argentino, ma sono uguali
a quelli del Peru', della Bolivia, della Colombia
o dell'Ecuador, un popolo unico con abitudini
e cultura uguale, gente semplice e buona, molte
volte senza malizia. Oggi sono tutti festanti,
e' carnevale e si suona in piazza, costumi semplici
che a differenza dei nostri richiamano un passato
molto lontano, prima che Pizarro venisse qui a
distruggere una grande civilta'.
A prest
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Sunday, February 25, 2007 8:37 PM
Subject: confine boliviano Ciao,
oggi 24 febbraio siamo ripartiti da Humauaca dopo
aver trascorso una notte in bianco a causa del
carnevale
che impazzava per le viuzze della cittadina e...di
una gattino che cercava la compagna. Da queste
parti il carnevale e' una festa molto sentita,
ma come ha gia' detto, le maschere rappresentano
la loro storia antica, un po come i mammuttones
e i soccadores in sardegna. Salutati da i borrachos
reduci dalla notte pazza, puntiamo le ruote verso
Abra Pampa, cittadina anonima di transito verso
la frontiera boliviana. Dalla carta sembra un
trasferimento semplice visto che si parte da quota
3000 e si arriva a quota 3500, ma a complicare
le cose ci si mette un passo a 3800 e un'infinita'
di "mangia e bevi" (saliscendi) e, ciliegina
sulla torta, gli ultimi 30 km dei quasi cento
complesivi, con un forte vento contro. A parte
le difficolta' fisiche, condimento essenziale,
la strada ha attraversato quebradas, piccoli canyon
e zone semidesertiche d'alta quota molto simili
all'Arizona per le grandi distese di cactus giganteschi.
Unica vera difficolta', oltre alle salite ed al
forte vento contro, e' l'assoluta mancanza d'acqua
che ci costringe ad una carico suplementare di
peso ( Vittorio ne sa qualcosa, visto che i deserti
li conosce ), ma l'aria secca e le temperature
alte ci fanno consumare 4 litri d'acqua a testa.
Giungiamo ad Abra Pampa un po succhiati, il mio
cardio mi dice che sono partite ben 3500 Kcal.,
occorre reintegrare, ma piu' ti allontani dalla
civilta' e piu' scarseggia il cibo. La fortuna
ci assiste, troviamo un buon hospedaje per pochi
euro e la proprietaria, molto gentilmente, ci
prepara una cena semplice ma generosa a base di
pollo, riso, patate e verdure, viva l'Argentina!...speriamo
che la Bolivia sia cambiata dall'ultima volta
che ci sono stato, altrimenti rischiamo di doverci
zavorrare quando soffia il maestrale.
Mattina del 25, e' domenica e gli abitanti del
villaggio dormono sino a tardi, ma sono giustificati,
hanno fatto le 6 del mattino per le strade a suonare
tromboni, flauti e grancasse, il carnevale non
e' ancora terminato.
La strada che ci conduce a la Quiaca sembra tracciata
con un righello, dritta senza una curva tira verso
nord...e il vento verso sud!. Si attaversa la
pampa d'alta quota, il paesaggio mi ricorda le
sconfinate distese patagoniche, ma a differenza
delle pecore qui ci sono i lama, tutti con le
orecchie adornate con nastrini di vari colori
per esere riconosciuti dai proprietari, chissa'
se anche qui c'e' l'abigeato. Senza nessuna difficolta'
e molti sbadigli arriviamo a La Quiaca, siamo
al confine con la Bolivia, decidiamo di sostare
in Argentina per la notte, dalla parte Boliviana
c'e' da scordarsi la bistecca e il buon vino.
Sino a qualche anno fa, nel periodo della parita'
pesos-dollaro, per i boliviani era pura follia
poter passare dalla parte argentina, se un caffe'
in bolivia costava 10, in argentina costava 100,
ma ora queste differenze sono meno forti anche
se la Bolivia e' il paese piu' povero del sudamerica
e l'Argentina fra i piu' ricchi.
Vi aggiornero' i prossimi giorni dopo aver verificato
di persona. Prossima destinazione Tupiza!
Hasta luego
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Tuesday, February 27, 2007 3:51 PM
Subject: bolivia
26/febbraio
Partiamo di buonora da La Quiaca, stanchi e assonnati
per la notte insonne. Ieri notte ci volevano far
traslocare dall'hotel presso altra struttura perche',
secondo loro, avevano commesso un errore dandoci
camere gia' affittate, chiaramente "la stavano
tentando", dato la forte richiesta di posti
letto, qualcuno aveva offerto di piu', ma non
ci siamo mossi. Alle 5 del mattino, come stessimo
vivendo un incubo, una musica da discoteca ci
ha fatto sobbalzare dal letto, qualcuno armato
di auto stile "venditori di varecchina"
ha avuto la bella trovata di diffondere della
musica a tutto volume, fortunatamente e' intervenuta
la polizia e ha messo a tacere l'imbecille. Terminata
la musica ha iniziato ad abbaiare un cane ad un
ritmo incessante per circa 2 ore, probabilmente
sino ad esaurimente fiato, ma oramai era l'alba.
Prime della frontiera, all'interno di una caserma
militare un plotone d'esecuzione si sta addestrando,
speriamo alla fucilazione del cane...e del suo
padrone
Passiamo il confine tra Argentina e Bolivia abbastanza
rapidamente, le nostre bici suacitano curiosita',
sicuramente cosi' attrezzate di carrello non ne
hanno mai visto. Entrati in bolivia cambia tutto,
l'ordine e la pulizia lasciano il posto al caos
e alla polvere, gente seduta sui marciapiedi
a vendere qualcosa, donnine con in testa la classica
bombetta, negozietti con dentro di tutto da parti
meccaniche ad alimenti, megabottiglie di plastica
contenenti bevande zuccherate coloratissime, lecca
lecca, per alimentare gli affari dei dentisti,
infilati in ogni angolo delle vetrine assieme
a custodie per cellulari o altre cianfrusaglie.
La strada che ci condurra' a Tupiza, distane 100
km, e' completamente sterrata, un lungo susseguirsi
di saliscendi estenuante con un fondo sconnesso
a causa delle miciadiali onduline trasversali
che ala fine ci hanno smontato le ossa. Incontriamo
pochi villaggi, poverissimi, case di fango e tetti
di paglia, ma troviamo sempre la classica "tienda"
dove e' sempre disponibile acqua fresca imbottogliata,
rigorosamente da aprire personalmente, l'igiene
non esiste e il tifo e' in agguato. Il paesaggio
cambia totalmente quando si scende in una verde
valle che segue il corso di un fiume, montagne
coloratissime, piccoli canyon, vegetazione tipicamente
semidesertica, cactus, acacie e cespugli spinosissimi.
Sotto una temperatura che sfiora i 40 gradi, finalmente
arriviamo a Tupiza, cittadina di 20.000 abitanti,
abbastanza pulita ed ordinata per gli standard
boliviani, base di partenza per escursioni nelle
valli attorno o verso i salares e i coni vulcanici
della cordigliera. Decidiamo di rimanere un giorno
a recuperare energie e far riassorbire i dolori
del fondoschiena, i prossimi giorni ci attendono
altri duri sterrati, caldo e salite.
Hasta luego
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Thursday, March 01, 2007 9:07 PM
Subject: Atocha
28 febbraio
Partiamo da Tupiza dopo aver ricevuto un "in
bocca al lupo" da parte di 3 centauri del
Quebec, loro si fanno il sudamerica in moto, prima
o poi lo faro' anch'io. Le indicazioni sul percorso
da fare oggi sono molto contraddittorie, alcuni
ci dicono che c'e' un passo a 4200 in prossimita'
di Huaca Hunñusca, il villaggio dove si
erano nascosti Butch Kassidy e Sundance Kid, altri
ci dicono che il percorso e' giusto con qualche
saliscendo e con fondo buono; comunque bisogna
pedalare, e questo facciamo. Usciamo da Tupiza
con molte difficolta', la direzione
che ci viene suggerita ci fa percorrere il letto
di un fiume, in alcuni tratti dobbiamo guadare
la poca acqua che scorre, il tanto per lavarci
le scarpe. Riprendiamo la strada principale, rigorosamente
sterrata e piena di "calaminas" (onduline)
che risale il fiume in secca. Il paesaggio e'
stupendo, praticamente siamo dentro un'ampia valle
delimitata da alte montagne multicolori, le soste
per fare foto sono numerose e tutto sommato ci
sembra che il trasferimento verso Atocha sia una
passeggiata turistica. Dopo una ventina di chilometri
ci fermiamo per rifornirci d'acqua a Salo, giusto
quattro case e una tienda ( bottega), siamo ai
piedi di quella che dovrebbe essere l'unica salita
del giorno, una salita che da quota 3200 ci portera'
a quota 4200. Siamo concentrati e tutto sommato
felici di salire cosi' in alto, per un ciclista
poter percorrere i passi alti e' un po come per
un pescatore o un cacciatore tornare a casa con
una grossa preda. Mentre saliamo ci preoccupa
un temporale che ci insegue alle spalle, essere
beccati da un fulmine non e' una cosa piacevole,
fortunatamente sfoga la sua forza da altre parti.
Arriviamo in cima e battiamo un cinque per la
soddisfazione di essere arrivati a 4250 mt. in
bici, ora ci attende una lunga discesa, gia',
una lunga discesa, ma purtroppo questa dura solo
qualche chilometro, il tanto di farci perdere
400 metri di quota e ritrovarci con la strada
che risale. Alla fine i passi oltre i 4200 sono
7, maledetti, durissimi e con l'ossigeno dimezzato
per l'altura. La fatica e' grande, le maledizioni
si susseguono, l'acqua scarseggia, non ci sono
villaggi e un po incominciamo a pensare che e'
stata una pazzia partire per un percorso lunghissimo
senza le dovute precauzioni (cibo e acqua.). Non
si imparera' mai a diffidare delle indicazioni
in sudamerica. Arriviamo un un accampamento di
minatori, mancano ancora 50 km durissimi, ci rifocilliamo
con un po d'acqua e qualche "galletas",
pensiamo di chiedere ricovero presso una delle
povere strutture per minatori, ma mentre sorseggiamo
l'acqua, ecco apparire in senso opposto alla nostra
direzione due ragazze con tanto di carrello come
i nostri; sono australiane, vengono da Atocha,
dove stiamo andando noi, e per percorrere 35 chilometri
hanno impiegato 7 ore perche' hanno sbagliato
strada e hanno dovuto spingere le loro bici lungo
dune di sabbia per riprendere la giusta carretera..
Ci sentiamo quasi umiliati, e' come uno schiaffo
morale, loro impiegheranno tre giorni per percorrere
la distanza che noi percorriamo in un giorno,
ma sono sorridenti e rilassate. Ripartiamo nuovamente
con la giusta carica, facciamo altri due passi
oltre 1 4200 e finalmente la strada incomincia
a scendere. La lunga discesa termina in un falsopiano
sabbioso, il sole oramai e' basso all'orizonte
e i kilometri da percorrere sono ancora tanti,
spendiamo le ultime energie per evitare di rimanere
al buio in un posto cosi' alto e desolato. Giungiamo
a fondo valle, la strada si perde in una ampia
laguna con acqua mista a sabbia, andiamo ad intuito
verso destra spingendo le bici, fortunatamente
la direzione e' quella giusta, dopo qualche chilometro,
oramai nell'oscurita', giungiamo ad Atocha percorrendo
le ultime centinaia di metri in mezzo ai binari
di una linea ferroviaria
a scartamento ridotissimo fra scambi, cani e sporcizia.
Anche se il percorso e' stato durissimo, sia per
aver pedalato sopra i quattromila per cento chilometri,
sia per i duro passi, questo non puo' farci dimenticare
la bellezza del paesaggio, montagne imponenti,
canyon, vegetazione tipicamente desertica, cielo
blu cobalto, colori impossibili. E' veramente
incredibile che un paese come la Bolivia sia cosi'
povero con tante bellezze naturali, poco piu'
a sud, in Argentina, hanno fatto delle quebradas
una fonte di ricchezza, qui stiamo percorrendo
solo una piccolissima parte di una nazione che
racchiude in se imponenti montagne, vulcani oltre
i 6000, altopiani, una fetta grandissima di foresta
amazzonica, siti inca di notevole importanza e
altro ancora, senza dimenticare la generosita'
della gente. Per tornare a noi, umili pseudociclisti
stanchi ed affamati, troviamo un hostal per poche
bolivianos, appena decente ma con una puzza di
fogna che traspira da ogni dove. Siamo costretti
a mangiare due volte, in due diversi localini,
pollo e patate, non c'e' altro ma ci e' sufficiente
per ingannare lo stomaco ed andare a dormire.
Domani si va a Uyuni, base di partenza per l'attraversamento
dei salares. Dedico un pensiero a Sergio e Daniele,
mitici compagni patagonici, l'anno scorso hanno
attraversato questo grande deserto d'alta quota
trascinandosi un carrello...a piedi!
hasta luego
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Monday, March 12, 2007 3:19 PM
Subject: Salar de Uyuni
Ci siamo lasciati ad Atocha, sono passate due
settimane e quello che e' accaduto e' tanto.
Da Atocha abbiamo raggiunto Uyuni, base di partenza
per l'attraversamento dell'altopiano dei Salares,
obbiettivo principale del nostro viaggio.
Ad Uyuni ( 3650 mt. s.l.m.) ci siamo rimasti giusto
due giorni, il tanto necessario per fare un po
di manutenzione a bici, carrelli e...al nostro
corpo. La cittadina boliviana, poco piu' di ventimila
anime, non offre nulla di speciale, ma i prezzi
piuttosto bassi ( mangi con 2 euro ) attirano
un sacco di turisti spiantati, nostalgici figli
dei fiori un po imbiancati, frikkettoni, sbandati
e matti in bicicletta. La parte piu' straordinaria
di questi posti lontani dalla civilta', e' la
capacita' della gente di arrangiarsi a sopravivere
con poco. Roberto rischiava di terminare il giro
in anticipo perche' gli si era rotta la scarpa
con tacchetta della mtb, senza di quella sarebbe
stato impossibile proseguire, ma in mezzora uno
zapattero dall'aspetto inquietante gli ripara
la scarpa per mezzo euro, da noi i calzolai gia'
non esistono piu'. Forse sara' l'altura, forse
la cultura ma nessuno bada all'aspetto esteriore
delle persone, l'aria e' scarsa e non vale la
pena di preocuparsi troppo degli altri. Mentre
stavamo bevendoci una birra in un chiosco nella
piazzetta principale, un vecchio si aggirava tra
i tavolini strisciado, convinti che si tratasse
di un mendicante gli abbiamo mollato una moneta,
ma il titolare del chiosco ci ha detto che era
solo "borraccio intelligente" che per
evitare di cadere preferiva andare a quattro zampe,
viva la liberta'.
Sistemati i bagagli, la mattina del 3 marzo, si
parte per la nostra piccola impresa. Giunti a
Colchani, porta d'ingresso del salar di Uyuni,
abbiamo la sorpresa sgradita di trovare il salar
allagato, era quello che si temeva, visto che
da queste parti darante l'estate piove sempre.
Il salar di Uyuni e' un antico lago, esteso quanto
mezza Sardegna che, prosciugandosi nel corso dei
millenni, ha soperto il suo fondo alla luce, perfettamente
piatto e ricoperto da una crosta di sale spessa
alcuni metri. Ci facciamo trasportare con un fuoristrada
sino al centro dove si trova "l'isla del
pescado" (isola del pesce), nome dovuto alla
sua forma che in lontananza, a causa del riverbero,
assomiglia ad un enorme pesce. Da questa isoletta,
ricoperta di cactus, in mezzo all'enorme mare
di sale, inforchiamo le nostre bici ed incomnciamo
"la navigazione" verso sud. Le sponde
del lago praticamente non si vedono, occorre mantenere
la rotta giusta, ma il gps che ho sulla bici risolve
il problema, arriviamo precisi a destinazione
dopo alcune ore di scatenata gioia, un'emozionante
pedalata su una superfice bianca e dura come il
marmo di Carrara. Descrivere cio' che abbiamo
provato e' difficile, solo un ciclista costretto
a subire la strapotenza dell'automobilista puo'
capire cosa significa poter liberare tutta la
voglia di liberta', senza costrizioni, senza regole,
poter andare veloce, poter virare, frenare senza
l'assillo d' essere "stesi".
Giunti nella "terra ferma" ha inizio
quello che per giorni sara' il nostro calvario,
uno sterrato, anzi una pista, con il fondo sassoso,
sabbioso e pieno di "calamine" (onduline).
Praticamente e' come se un "caterpillar"
avesse aperto un varco sulla crosta terrestre
per farci transitare fuoristrada potentissimi
staracarichi di sonnolenti turisti e... locos
in bicicletta.
Dopo quattro ore di sofferenza per le nostre mani
e le parti meno nobili del nostro corpo, arriviamo
a San Juan, piccolo pueblo di case di fango, gente
addormentata e cotta dall'altura, in mezzo alla
pampa spellacchiata e spazzolata da un vento gelido.
Siamo fortunati, troviamo un hospedaje fornito
d'acqua appena tiepida ma sufficiente per levarci
la polvere di dosso. Siamo a 4000 metri di quota,
l'aria sottile si fa sentire, una zuppa calda
e un pezzo di una durissima carne di lama, mettono
a tacere anche i nostri stomaci affamati. La notte
la passiamo a scacciare gli incubi provocati dal
pessimo fondo stradale e dall'altura.
Hasta luego
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Monday, March 12, 2007 6:21 PM
Subject: Laguna Colorada
Mattina del 4 marzo, partiamo con destinazione
Alota, tempo sempre nuvoloso e temperatura prossima
allo zero. Poche pedalate e siamo subito caldi,
occorre guadare un torrente, l'acqua e' freddissima
e non ci risparmia un pediluvio fuori programma.
Lasciamo la pista principale per una deviazione
obbligatoria, a pochi chilometri di distanza un
bellissimo e profondo canyon ci illumina la vista,
e' il canyon della cascada, profondo alcune centinaia
di metri, pareti strapiombanti dai colori impossibili.
Nel suo fondo pascolano beati i lama, tutti con
fiocchetto rosso nelle orecchie, grassi e con
un folta coperta lana, peccato che la loro carne
sia coriacea. Riprendiamo il percorso transitando
nella regione de las roques, una serie di altissime
rocce rossastre che emergono isolate nell'immensa
pampa. La pista diventa sempre piu' sabbiosa,
in alcuni tratti ci costringe a spingere a piedi,
sicuramente Vittorio Serra riuscirebbe ad andare
a 40 km all'ora, beato lui.
Dopo 6 ore giungiamo nel villaggio di Villa Mar,
squallido come pochi, case di fango accoglienza
poco simpatica. Un gruppo di bulli locali, poco
piu' che adoloscenti, ci irridono, uno vorrebbe
il mio casco, un'altro gli occhiali di Roberto,
ma il nostro sguardo e qualche parola in sardo,
con tono minaccioso, calma il loro spirito bollente.
Fatto sta che il posto non ci piace, decidiamo
di salire su una camionetta e trasferirci a Quetena,
piccolo ma accogliente villaggio distante qualche
decina di chilometri. Siamo a 4400 metri di quota
alle falde del vulcano Uturrunco. Tra le sue due
cime gemelle, alte poco piu' di 6000 metri, transita
una strada sterrata che con i suoi 5750 metri
detiene il record della "carretera mas alta
del mundo". Il nostro sogno e' salire la
su in cima in bici, ma il tempo inclemente, la
neve a quota 5000 e un certo timore ci inducono
alla scelta piu' saggia, salire su con un fuoristrada.
Ci accorgiamo che la nostra scelta e' azzeccata,
anche il fooristrada arranca, il fondo e' dissestato
e in alcuni tratti e' stato cancellato dalle forti
piogge, ci accontentiamo di scattare qualche foto.
Su in cima c'ero gia stato qualche anno fa, ricordo
una serie di fumarole lungo il percorso e tanta
fatica per avanzare a piedi, figuriamoci in bici!
La mattina del 5 si parte per raggiungere la Laguna
Colorada distante una sessantina di chilometri,
siamo gasattissimi e ci dimentichiamo che siamo
a 4400 metri di quota. Partiamo sparati ma le
prime rampe in forte pendenza ci accorciano il
fiato, avanziamo con un ritmo e un rapporto agile,
cerchiamo di non andare in affanno, e' come se
si respirasse attaverso una cannuccia, fortunatamente
il paesaggio spettacolare ci "costringe"
a varie soste per "tomar foto" e...rifiatare.
Giungiamo alla "cima Coppi", come viene
definito in gergo ciclistico il punto piu' alto,
siamo a ben 4850 metri, 40 in piu' del Monte Bianco.
Stiamo benissimo, nessun sintomo di mal d'altura,
l'entusiasmo e' alto come questo passo, l'acclimatamento
e' stato fatto in maniera impeccabile. Mi vengono
in mente i passi dolomitici, mi sembrano tanti
cavalcavia a confronto...scherzo, e' tutto un'altro
biciclettare. Su in cima tira un vento freddissimo
e incomincia a piovigginare, giusto il tempo di
qualche foto e ci buttiamo per una lunghissima
e "vibrante" discesa che ci conduce
ai bordi della laguna colorada. Abbiamo le mani
doloranti e le gambe congelate, ma siamo felici
per aver messo nel nostro "palmares"
questo piccolo record d'ascesa, ora ci attende
una sistemazione spartana e tanta polvere da rimuovere
con fazzolettini umidi, non c'e' acqua, ma oggi
e' festa e se ne puo' fare a meno.
Hasta luego
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Tuesday, March 13, 2007 9:22 PM
Subject: Sol de Mañana
La mattina del 7 e' illuminata da un tiepido sole,
quanto basta per dare alla grande laguna che si
estende di fronte al nostro rifugio il colore
che gli da tanta fama. La bassa profondita', solo
qualche decina di centimetri, e la presenza di
microalghe rossastre, danno a questa laguna dei
colori che mutano a seconda dell'incidenza della
luce del sole e dall'intensita' del vento che
ne increspa le acque. Centinaia di fenicotteri
rosa scandagliano il fondo senza sosta, questi
volatili saranno costretti a migrare a quote piu'
basse con l'arrivo dell'inverno, la temperatura
scendera' a meno venti e oltre. Si parte per compiere
il tratto piu' spettacolare di tutto il nostro
giro. La destinazione e' la laguna blanca, a pochi
km dal confine cileno, solo 85 km piu' a sud.
La pista si allarga in modo impressionante, ogni
fuoristrada apre nuovi passaggi, forse per rendere
"piu' avventuroso" il trasferimento
dei turisti. Ricordo di essere transitato anch'io
con un fuoristrada alcuni anni fa, ma veramente
non mi ero accorto della bellezza del paesaggio.
L'andare in bici ti consente di assorbire lentamente
il variare del paesaggio, anche se condito con
tanta fatica. Si sale ripidamente sino a quota
4800 per attraversare la zona di "Sol de
Mañana", dove una spettacolare serie
di geyser fumanti, soffioni, enormi marmitte ribollenti
di zolfo rendono il paesaggio affascinante e un
po inquietante. Intorno le montagne assumono colori
incredibili a causa della presenza di tutti i
minerali esistenti sulla terra, il sole non fa
altro che accendere ancora di piu' la loro intensita'.
Credo che uno spettacolo di colori come questo
esista solo da queste parti e, forse, nel deserto
del Sahara. Dopo una lunga discesa sabbiosa giungiamo
nei bordi di una bellissima laguna dove il vulcano
Licancabur, perfettamente conico, con l'imponenza
dei suoi quasi 6000 mt, si specchia sulle sue
verdissime acque. E la laguna verde, bellissima
come poche altre. Nelle sue vicinanze sgorga dal
sottosuolo dell'acqua termale a 35 gradi, Roberto
non perde l'occasione, il tempo di levarsi le
scarpe ed e' gia' a "bagnomaria" con
una faccia che la dice lunga per la goduria che
prova. Dopo un'ora di relax in questo paradiso
si riparte, ma solo per compiere qualche chilometro
per raggiungere un'altra laguna, quella "blanca",
meta della tappa odierna. Purtroppo nell'unico
rifugio esistente non c'e' acqua e mi pento amaramente
di non aver seguito l'esempio di Roberto, anche
oggi fazzolettini imbevuti. Credo che il percorso
di oggi valga tutto il viaggio, tutta la fatica
e' stata ripagata abbondantemente, sicuramente
uno dei posti piu' belli che abbia mai visto,
anche se tra i tanti colori visti mancava il verde
della vegetazione, a causa dell'altura e del tipo
di terreno, ma la natura ha pensato anche a questo
dettaglio mettendolo nell'utima laguna.
Hasta luego
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Tuesday, March 13, 2007 9:57 PM
Subject: San Pedro de Atacama
Dopo una notte affannosa a causa dell'altura (
4350 mt) con le energie al lumicino per la scarsa
alimentazione che ci hanno fatto perdere cinque
chili, mettendo in risalto le ossa del bacino
come delle vacche magre, al punto che oramai la
sella e' diventata uno strumento di tortura, si
parte per sconfinare in Cile e raggiungere San
Pedro de Atacama, 65 km verso est e 2200 metri
piu' in basso. Dopo aver espletato le formalita'
doganali e aver collezionato un'altro timbro sul
passaporto, entriamo in Cile, ma se non fosse
per la casupola in mezzo al nulla adibita a dogana,
non ci saremmo accorti di nulla, pista era prima,
pista continua poi, anzi si sale sino a quota
4600, ma era messa in conto anche quest'ultima
fatica. Finalmente! eccolo! e' lui! l'asfalto!,
dopo 700 kilometri di piste maledette, sabbia,
pietre e calamine, davanti a noi appare la sospirata
strada asfaltata. Mi perdonino gli amici dell'associazione
"Asfalto? no, grazie!", di cui faccio
parte, ma questa volta trasgredisco e tradisco
molto volentieri. Ma con l'asfalto inizia anche
una pericolosissima discesa, 10% continuo con
punti anche oltre che metteranno a dura prova
i nostri deboli freni e...la serenita' di Roberto.
A peggiorare le cose ci si mette il peso dei nostri
carrelli che spingono e un enorme camion che finisce
fuori strada. Arriviamo a San Pedro de Atacama,
Roberto in discesa ha perso un'altro chilo, ma
veramente ne ha tutte le ragioni, in alcuni tratti
ho raggiunto i 70 orari, ma oramai siamo in basso,
possiamo rilassarci e goderci una desiderata doccia
calda e una cena che abbiamo sognato per tutto
il periodo in cui siamo stati in territorio boliviano.
Hasta luego
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Wednesday, March 14, 2007 2:11 PM
Subject: Rientro in Argentina
San Pedro de Atacama, cittadina di confine, case
basse e strade polverose, cani pulciosi ovunque,
turisti che gironzolano come manzi alla ricerca
dell'agenzia turistica con le tariffe piu' basse.
Da questo postaccio si parte per l'altopiano boliviano
o per la valle della luna in territorio cileno.
Se sei solo non ci sono problemi, ti mettono assieme
ad altre cinque persone, magari pulciose come
i cani, e ti ritrovi senza nossun confort a digiunare
per per i pueblos andini, ma per ammirare il paesaggio
vale il rischio. Puoi cogliere l'occasione per
perdere qualche chilo di troppo, una zuppa di
quinua e una patata al giorno sono la razione
ottimale. Da noi una dieta dimagrante costa molto
di piu' e il risultato non e' garantito. C'e'
poi la possibilita' per le donne di veder diminuire
a vista d'occhio la cellulite, e' sufficiente
farsi qualche "mate de coca" al giorno
e fai pipi' dieci volte all'ora.
Con Roberto vorremmo farci qualche escursione
nei dintorni desertici di San "Perro"
de Atacama, ma abbiamo ancora stampate nella mente
la bellezza struggente dei paesaggi boliviani,
questo rende banale ogni cosa. Decidiamo di rientrare
in Argentina, almeno li la carne e' garantita,
ne abbiamo necessita' per ricostruire i nostri
muscoli "succhiati". Per varcare il
confine e' obbligatorio varcare le ande per l'unica
strada esistente, quella percorsa ieri in discesa,
ma rifarsela in salita. Chiediamo ad una compagnia
di bus, la "Geminis", di trasportarci
sino a Salta, ma loro non caricano bici, solo
turisti grassi e puzzolenti, i nostri mezzi potrebbero
essere provocanti. Troviamo una camionetta privata,
trattiamo il prezzo e partiamo. Dopo poche ore
siamo nuovamente in cima alle ande. Percorriamo
120 km su un'altopiano a 4100 metri di quota,
l'asfalto e' perfetto, il traffico pesante e'
molto disciplinato, tutti salutano con rispetto
superandoti completamente nella corsia opposta,
eppure sono camionisti paraguaiani, argentini,
cileni e boliviani. Credo che i nostri camionisti,
privi di alcun rispetto per il ciclista, abbiano
molto da imparare. La maggior parte delle auto
rallentano o si fermano, gli automobilisti vogliono
farci qualche foto e salutarci complimentadosi
con noi. Dopo 5 ore giungiamo a Susques, piccolo
villaggio a 3800 metri d'altura. All'ingresso
del pueblo troviamo un'hotel bellissimo, acqua
calda e ottime bistecche, decidiamo di riposarci
due giorni.
Oramai il nostro giro e' terminato, dopo venti
giorni di pedalata abbiamo percorso 1100 km durissimi,
la strada che ci ricondurra' a Salta l'abbiamo,
in parte, gia' percorsa all'andata. Saliamo su
un bus, nessun problema per le bici, figuriamoci,
qui la gente trasporta di tutto, dalle patate
ai polli vivi. Dopo pochi chilometri ci rendiamo
conto che le nostre vite sono ad alto rischio,
infatti ci apprestiamo a scendere di quota per
la "Cuesta de Lipan", una terrificante
serie infinita di tornanti con stapiombi di mille
metri senza nessuna protezione. Quello che ci
preocupa maggiormente e' l'autista, e' obeso,
fuma continuamente e mangia patatine salate. Considerato
lo stress si condurre un'autobus per questa strada,
l'altura, il sale e il fumo, c'e' la possibilita'
che possa essere colpito da infarto. Con Roberto
siamo nei posti anteriori, stiamo attenti alle
manovre, ai comandi, ai freni, non molliamo mai
lo sguardo sull'autista, nel caso dovesse rimaner
secco, occorre agire rapidi e prendere i comandi
del mezzo, giu' in basso ci sono gia' tante croci.
Hasta luego
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Thursday, March 15, 2007 2:26 PM
Subject: Autombilisti e ciclisti
Rientriamo a Salta a tarda notte dopo un lungo
trasferimento in bus da San Salvador de JuJuy.
Ripercorriamo, comodamente seduti su poltrone,
il percorso fatto all'andata con bici e carrello,
solo ora ci rendiamo conto di quanta strada abbiamo
fatto, e tutta in salita!
Scorrono velocemente nella nostra mente le immagini
della ruta 9, le splendide e coloratissime"quebradas",
i villaggi attraversati e la gente che ti salutava
cordialmente. Purmamarca, Humauaca, Tupiza, Atocha,
Uyuni, e ancora tanti e tanti piccoli pueblos
che qualche volta non sono neanche indicati sulla
carta, la loro gente che ti chiedeva da dove venivi
e non sapeva che tra l'Italia e L'Argentina ci
fosse il mare, ma tanto che importa, anche Buenos
Aires potrebbe essere a 1000 o 100 chilometri,
loro piu' del loro orizzonte non conoscono. La
Bolivia e' sicuramente il ricordo piu' bello,
paesaggi mozzafiato, strade sterrate, polvere
sabbia e tanta sofferenza, ma gente straordinaria,
semplice, generosa e disponibile, anche se un
po addormentata. Certo devi adattarti, non esistono
servizi igienico sanitari, l'alimentazione e'
veramente scarsa, se ti becchi un malanno devi
essere autosufficiente, a parte i grossi centri,
non c'e' un presidio medico per trecento chilometri.
Andare per bici in queste lande e' un rischio
solo se non ti organizzi portandoti dietro le
scorte medicinali, ma non corri assolutamente
il rischio di essere trasformato in tappetto dalle
auto. A Cagliari divampa la polemica sul divieto
di transitare in bici sull'asse mediano, il partito
dell'auto e' talmente forte che va protetto, mai
sia che un'auto investa un ciclista, potrebbe
rovinarsi la carrozzeria, tanto poi un ciclista
in meno e' un'ostacolo rimosso. In sudamerica
dovrebbero venire i nostri amministratori comunali
a prendere lezione di civilta' , eppure qui sono
incivili, buzzurri, poveri, sporchi...o forse
no, forse siamo troppo ignoranti noi.
Fatto sta che abbiamo percorso piu' di 1100 km
senza avere mai avvuto an colpo di "bocina"
( clackson) da nessun automobilista, mai ci hanno
fatto il pelo superandoci, mai nonostante abbiamo
attraversato grosse citta', anche la notte, ci
siamo trovati in pericolo. Viva il civilissimo
popolo argentino, boliviano, cileno.
Hasta luego
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Thursday, March 15, 2007 9:47 PM
Subject: foto
Siamo a Mendoza a farci il giro delle "bodegas"
(cantine) per degustare i migliori vini argentini,
chiaramente le degustazioni sono accompagnate
da megabistecche di carne che si scioglie in bocca
come il burro. l'accostamento dei rossi barricati
con l'eccezionale gusto delle carni argentine
e' semplicemente divino. Considerato che abbiamo
perso tanti chili, abbiamo patito la fame, la
fatica e mangiato tanta polvere, ci sembra "giusto"
fermarci qui alcuni giorni per intraprendere un
meritato tour "enogastronomico" di cui
non avrete nessuna relazione, lasciamo a voi libera
immaginazione.
Hasta luego
Enzo e Roberto
...ççç?^^^?!!!=%%%***!?!?!?
......stiamo immaginando.....
Continua... |