Oggi
25 aprile abbiamo lasciato le bici appese al chiodo
e siamo scesi in piazza
25
aprile 2006 celebrazione del 61.mo anniversario
della Liberazione dal fascismo e dal nazismo.
Da
quell'evento, che riscattò la vergogna
di un regime che aveva calpestato le libertà,
emanato le leggi razziali, scatenato indiscriminate
guerre di aggressione, è nata la
nostra Costituzione e l'Italia ha conosciuto
finalmente la democrazia, l'eguaglianza, una giustizia-realmente-indipendente.
Non distraiamoci!
art.1
l'Italia
è una Repubblica democratica, fondata sul
lavoro.
La sovranità
appartiene al popolo, che la esercita nelle forme
e nei limiti della Costituzione.
Art.
3
Tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale
e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali. È compito della Repubblica rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all'organizzazione politica,
economica e sociale del Paese.
Art.11
l'Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla
libertà degli altri popoli e come
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
consente, in condizioni di parità con gli
altri Stati, alle limitazioni di sovranità
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace
e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce
le organizzazioni internazionali rivolte a tale
scopo.
Presidente
dia la priorità al dramma della disoccupazione
giovanile !
"...Ogni
persona, ogni uomo, ogni donna, quando
lavora si sente colonna di questa grande casa stivale:
tetto sui monti, porte sul mare..".
"...Servono
braccia, menti, passione serve l'impegno di tante
persone. Siamo immigrati, siamo italiani, siamo
buddisti, laici o cristiani, eppure c'è chi
lavoro non trova, c'è chi lo perde, chi è
solo in prova..."
Il
lavoro precario mortifica l'uomo!
Come
allora il popolo italiano difenda la sua dignità,
la sua democrazia, il suo ruolo tra le nazioni civili
riaffermando i valori e i principi della sua costituzione.
Alessandro Galante Garrone: "Il
mite giacobino", Donzelli 1994
Scendevamo in bicicletta verso Torino, nelle
prime ore di quel mattino: io e mio fratello Carlo.
Eravamo partiti dal Canavese: ansiosi, perché
ancora non sapevamo come sarebbero andate le cose.
E soltanto a Rivarolo - dove ci incrociammo con
una fila sempre più fitta di persone che
si allontanavano
in gran fretta, ciclisti in fuga dalla città
- capimmo che l'insurrezione generale era scattata
all'ora stabilita. E Torino sarebbe stata liberata.
Ma quel che ci diede la certezza del buon inizio
fu la vista di un anziano gerarca, notissimo a
Torino, il senatore B, che in quella torma di
ciclisti pedalava faticosamente in salita, curvo
sul manubrio.
Ecco, se mi chiedi come fu il mio 25 aprile, ti
devo dunque rispondere che cominciò in
bicicletta, lumgo la strada che dolcemente scendeva
da Castellamonte in città. E hai ragione
a voler partire da lì. E' giusto che dovendo
parlare del "nuovo che avanza", io cominci
proprio da quel momento, da quell'altra crisi
di regime di cinquant'anni fa; dal nuovo di allora,
diventato vecchio prima del previsto.
Per la verità la data fissata per l'insurrezione
e la seguente liberazione di Torino e del Piemonte
non era il 25, ma il 26 di aprile. L'ordine era
stato emanato dal Comando militare regionale piemontese
[Cmrp] il 24 aprile secondo la formula prestabilita
: "Aldo dice 26 x 1"; cioè le
operazioni, per tutte le formazioni partigiane,
dovevano cominciare di notte, alla prima ora del
26 aprile.
Le forze militari alleate erano, anche se in movimento,
lontane. Nel pomeriggio del 24 ero partito da
Torino, con l'ordine d'insurrezione, e all'alba
del 26 vi tornavo, per raggiungere al più
presto la sede del Comitato di liberazione nazionale,
mentre Carlo da Torino avrebbe dovuto proseguire
per Cuneo.
Arrivati, sempre in bici, alle porte di Torino,
verso la barriera di Milano, ci rendemmo conto
che una parte della città era già
stata liberata. Alle finestre e sui tetti delle
prime cascine, fuori porta Milano, sventolavano
le bandiere tricolori. C'era già un'aria
di festa. Giunti in città la situazione
era ancora incerta: si sparava per le strade e
dai tetti. Carlo si separò da me per trovare
la via più diretta per Cuneo, mentre io
cercavo di raggiungere la conceria Fiorio, fissata
come sede del Cln durante l'insurrezione. [...]