Nord
e Sud in bicicletta
con la Sardegna nel cuore
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[l’Unione Sarda – 31 agosto 1998]
di Ivana Taccori
Nella località denominata “Il Gorgo” (Verona)
siamo in 650 con indosso le nostre coloratissime divise,
ad attendere il via sotto il sole cocente di luglio. Alle
ore 9,00 il serpentone si snoda lungo un percorso inizialmente
pianeggiante. E’ il gruppo Sportivo “4 Mori” di Verona
ad organizzare il raduno ciclistico agonistico denominato
Il Tamburino sardo, 1° Memorial Marcello Salaris,
ciclista di soli 24 anni morto un anno fa in un incidente
stradale.
Approfittando dell’andatura regolare mi spingo senza fatica
in testa al gruppo con l’intento di godermi il panorama.
A destra sulle colline erge imponente e triste l’ossario
di Custoza che con la sua forma a guglia pare voglia toccare
il cielo terso di luglio. Attendo ansiosa – ma c’è
ancora tanta strada da fare – di intravedere la casa del
Tamburino sardo di Deamicisiana memoria dove, mi dicono,
sia stato eretto un cippo in memoria dei caduti nelle
fila dei Granatieri di Sardegna.Saprò poi che i
sardi di Verona e provincia, vicino al cippo, si sono
ritrovati, la settimana precedente, con i loro amici a
trascorrere una giornata di memoria ma anche di allegria
e dopo la messa e l’alzabandiera in onore dei caduti si
sono riuniti tutti attorno alla tavola imbandita con la
tradizionale pecora in cappotto, accompagnando poi, con
i canti tradizionali ispirati alla Sardegna, il lento
piegarsi del sole.
“... vieni da Mantova?” – “No vengo da Cagliari. Si,
dalla Sardegna per partecipare alla gara”. A pormi la
domanda é un ciclista di mezza età: “Io
sono di Vicenza – aggiunge. Io in Sardegna non sono mai
stato. Anzi preciso che non intendo andarci. Banditi e
sequestratori. Ti dirò di più: sino a quando
un meridionale non riuscirà a vincere un Giro d’Italia
non si potrà parlare di Italia Unita perché
vedi, il giro d’Italia si vince solo con la testa...!
e dalla Campania in giù non intendo chiamarvi italiani”.
Improvvisamente il mio temperamento sanguigno mi viene
in soccorso producendo un’alta percentuale di adrenalina.
Sfido con lo sguardo l’ultra cinquantenne ed esclamo:”La
tua pochezza non é degna di stare in questo contesto”.
D’improvviso mi viene incontro la collina con la sua dolce
salita. Salgo sui pedali sentendomi leggera come il vento.
Decido di non voltarmi più. E’ l’orgoglio di essere
Sarda. Di sentirmi Italiana. Di sapermi con la capacità
di non trovare differenze in quanto simile. Ovunque. Con
chiunque. Lasciando predominare sempre il senso del rispetto
umano.
Sento qualcuno ansimare alle mie spalle. Si affianca:
“ho sentito che sei sarda. Io sono di Teti. Manco dalla
Sardegna 30 anni”. “...io di Sant’Antioco. Sono maresciallo
e ad agosto verrò giù”. Scopro che tra i
650 ciclisti 20 sono emigrati Sardi. Sorrido. Poi la salita
si fa più dura. Mi concentro. C’é ancora
da sudare prima di scollinare e poi giù e poi su
di nuovo per le brulle colline. Il panorama si dimentica
presto quando si ha da sopravvivere sugli interminabili
tornanti. Arriva anche il momento di tagliare il traguardo.
Bella gara. Bella gente.
Prima delle donne:”Berzacola Fiorenza di Verona” – annunciano.
Fa seguito un applauso forte e meritato. Brava. Brava
davvero. Le porgono la medaglia d’oro e l’enorme mazzo
di fiori. Lei, garbatamente si ritrae e chiede di parlare
al microfono. Sono momenti di trepido stupore: “Io, Fiorenza,
cedo il premio a colei che sarebbe stata la vera vincitrice,
ovvero la ciclista venuta dalla Sardegna che, per aver
dimenticato la tessera oltre mare, non é stata
classificata dai solerti giudici”.
Stupore...! salgo sul palco. Piango. Piange. Sono lacrime
del sud che si uniscono sotto un forte abbraccio alle
lacrime del nord.
Nord e Sud... pur sempre italiane!
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