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dal 12/1/2008


© G.S.Chilometrando

Giro di Sicilia 1998

Cicloturisti o cicloamatori?

 

 

 

 

 

L’importante é restare uniti: Pedalare alla morte, saltare i rifornimenti, ignorare il paesaggio e alla fine fermare il cronometro su medie superiori ai 40 chilometri orari. Pedalare placidamente, assaporare ogni ristoro, scattare foto e non informarsi del tempo ottenuto. Due filosofie agli antipodi.
E’ stato detto: non sarebbe il caso di separare questi “mondi” creando due diverse gare da tenersi in giorni diversi (il sabato e la domenica)? Dopo mesi di dibattito la stragrande maggioranza dei ciclisti ha dichiarato di non amare questa idea. Il fascino di queste manifestazioni sta proprio nella loro capacità di unire persone diversissime per estrazione e cultura facendole soffrire e gioire insieme. E’ fondamentale che tutti partecipino avendo gli stessi diritti e doveri...abolendo ogni tipo di discriminazione. L’importante é restare unit: E’ l’appello di una granfondista, ecco il suo pensiero: (cicloturismo novembre 1999)

 

Racconto di Ivana Taccori.

“Quell’esperienza in Sicilia mi ha fatto capire che…”
C’è davvero qualche problema? Mi sforzo per trovarlo e scopro che lo devo inventare. Il problema dunque esiste ed è alquanto importante. Sta rannicchiato dentro la nostra testa. Noi e le nostre ostinazioni con la depressione per non essere capaci a viverci “tutto” e prendercela poi con colui che ha creato il mondo e non ha fornito l’uomo del dono dell’ubiquità: “Una Ivana fa la cicloturista e l’altra Ivana fa l’agonista” scoprendo che non avrebbe funzionato lo stesso, perché uno avrebbe cercato di eliminare l’altro per incapacità di convivenza.

 

 


Pensate davvero che non si possa convivere, nella stessa giornata, con entrambe le cose? A noi la scelta: Nessuno ha mai bendato gli occhi di coloro, che, incuranti delle classifiche, si attardano a contemplare il panorama o a legare le mani di chi vuole graziarsi delle squisitezze che si trovano a volte ai ristori. Non mi risulta che qualcuno mi abbia impedito di far calare la frequenza cardiaca per riuscire a cogliere per intero la storia dell’amico appena conosciuto: Parlo del tempo della vita, non certo quello scandito dall’ingegno della diabolica “Winning time” che spesso o a volte ti ruba i profumi, i colori, i suoni dello spazio infinito che la vita ci regala, che si offrono a noi mentre stiamo abbarbicati in equilibrio sulle nostre fiammanti e costose bici. E non siamo contenti.

 

Spesso i miei orizzonti sono stati una ruota lucente e due gambe affilate e i suoni, che non dovevo lasciarmi sfuggire, erano costituiti dal cambio della catena sui pignoni pur sempre veloci, facendo imbestialire la mia voce interiore che ricordava il tempo che buttavo alle ortiche. Ed io scoprivo che sudare e soffrire era piacevole lo stesso. E quanto era bello quando quella voce invadente mi convinceva a distrarmi un secondo riuscendo a carpire immagini belle e sfuocate strappando a me stessa la promessa che sarei presto tornata a tradurre le immagini offuscate in immagini chiare. Che bello la volta che vinse l’impulso interiore e ai bordi di una vallata avvolta dal suo grande verde mantello lasciavo spaziare lo sguardo lontano riempiendo il profondo di un benessere raro e indirizzando gli occhi poi al cielo per ringraziare “Qualcuno di così tanta bellezza.

 

 

 

Ma che triste lo scorso anno, alla “gran fondo” in Sicilia (Campionato Italiano Master), al ricordo delle mie incertezze di fronte a un fatto che poteva rivelarsi drammatico per colui che mi stava alla ruota da tanti chilometri, di cui conoscevo solo il faticoso ansimare. In me la voce stordente di recuperare il tempo precedentemente perso per aver sbagliato strada. Avevo da difendere il mio terzo nella classifica nazionale. Vai Ivana, vai più forte che puoi, mi urlava la voce interiore.

 

 

 


Mi giro un istante e vedevo volare giù dalla scarpata il ciclista che avevo alla ruota. Il gran botto era costituito dal colpo sul guarda rail che non gli ha risparmiato di scaraventarlo giù con la sua inseparabile bicicletta. Chi mi precedeva, non si accorse di nulla mentre io seguivo imperterrita la sua ruota. La classifica! La classifica pensavo. Mi spiace ma non posso fermarmi. Poi un urlo lacerante mi parte dal profondo, fa sanguinare l’anima e un sapore amaro di disgusto m’invade la bocca. Per fortuna in quel momento non avevo uno specchio dinanzi. Informo subito il mio compagno di squadra. Urlo che voglio tornare indietro. Urlo più forte: “Al diavolo la classifica!”.

 

Torno indietro piena di paura e un groviglio di uomo e bici mi appaiono, poi come d’incanto, si sveglia e torna alla luce. Un grande sollievo al giungere dell’autoambulanza. Ripartiamo. Al traguardo scopro che il terzo posto mi era stato sfilato con un distacco di circa mezz’ora ma la stretta di mano e il sorriso che mi ha regalato la sera, sul tardi un ciclista dal volto tumefatto e dal corpo pieno di abrasioni, valgono più di un primo posto. Ed io ringrazio la voce interiore. Allora é proprio difficile essere umani?

 

 

Restiamo uniti e lasciamo andare chi vuole andare. Non curatevi di me se a volte sono una di loro. Che ci importa se quando si arriva al traguardo, spesso ricchi di esperienze vissute nel nostro collezionare chilometri, li troviamo ad attenderci da ore, tutti lindi a contarci e ad osservarci, con rispetto o con compassione o chissà... Magari incapaci di viversi esperiense diverse.

 

 

 

 

Restiamo uniti vi prego ! Uniti con tutte le nostre diversità, dove le ideologie, etnie, religioni, classi sociali e professioni, all’interno di questa coloratissima umanità, composta da migliaia di ciclisti, riescono a convivere perfettamente e con rispeto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ivana e Maria Canins a Parma

 

 

Parma: dopo la gara, si rientra a casa con la Tirrenia - al centro Giuseppe Solla.