-Aiutoooo! Mi hanno chiamata “normodotata”; è una parolaccia?
-Accidenti, sta scritto anche nel piccolo riquadro della tessera rilasciatami dalla società sportiva SA.SPO (SArdegna SPOrtiva). Alla voce Atleta fa seguito il termine “normodotata!”. Sbircio nella tessera del mio amico Maurizio e leggo: Atleta – disabile.
Attenti, perché adesso mi arrabbio sul serio. Chiedo perentoriamente che l'obrobrioso termine stampato sulla “mia” tessera sia immediatamente cancellato. Mi pare di capire che “normodotata” significhi “normale dotata”. E' una presa in giro? Soprattutto quando il termine è rivolto a me che ho il sedere grande, le cosce grosse da ciclista e le tette così piccole che non si vedono senza l'ausilio di una lente. In che modo posso essere definita “normodotata” io che di normale non ho niente, neanche la testa che, invece di averla dentro la vetrina del gioielliere come quasi tutte le donne, io ce l'ho dentro i solchi della terra per goderne i profumi e sentirne l'ancestrale respiro ?
Bene. Incuriosita più che mai digito la parola “normodotata” nel DizioRom Enciclopedico Rizzoli, clicco sulla opzione “trova” e come risposta ottengo: “Non esiste alcun articolo corrispondente ai criteri specificati”
Menomale! Dico io. E' qui che vi volevo! Volevate fare i furbi. E' solo la risultante di uno scherzo cretino che non decollerà. Non siamo mica scemi a far uso di questo termine insulso che non esiste !
Mi viene un'idea: visto che le mie elucubrazioni mentali sono in rimestaggio fluido, ne approfitto e digito anche il termine “diversamenteabili” che mi è capitato di sentire da alcuni, soprattutto dall'alto di un pulpito.
Questa parola mi ha lasciato da sempre interdetta, colpendo la mia curiosità da subito. Penso a cosa mai vorrà significare e senza chiedere spiegazioni a nessuno provo a tradurre io stessa il significato.
Dunque: “Diversamenteabile” significa, ad esempio, che una persona è abile in modo diverso da me. C'è solo da chiedersi in quale campo o in quale materia. Ma furbi! Che novità è questa? Anche a scuola, ricordo bene, alcuni miei compagni erano abilissimi nel risolvere problemi di matematica ed io difronte alla mia inabilità dovevo trovare un metodo per barattare la soluzione al problema. Ma questo succedeva tanto tempo fa. Ricordo che io ero diversa dai miei compagni in quanto abilissima nello svolgimento dei temi…….. però non diciamolo a nessuno.
Quel che non capisco è quando il termine “diversamenteabile” viene pronunciato da persone “normali” – micca sceme ! – in riferimento ad altrettante persone “normali” che lavorano come me, studiano, leggono e praticano sport come me etc etc, solo che, ….. magariii….. insomma, mentre io mi spacco la schiena a stare in piedi e a consumare le suole delle scarpe, loro sono comodamente seduti sulla carrozzina a fare slalom in giro per la città divertendosi nel gioco delle istituzioni che si chiama “vediamo se ce la faccio a superare questo ostacolo” anche se non si vince mai niente.
Bene, non divaghiamo.
Digito anche questa parola composta. Clicco sulla opzione “trova” ed ecco il risultato: Non esiste alcun articolo corrispondente ai criteri specificati.
Ci risiamo. Non esisteeee …., non cerchiamo perciò di coniare termini obbrobriosi ed insulsi. Non esiste e non facciamone uso. Vi prego.
Ora vi svelo un segreto: I disabili non esistono.
di Ivana Taccori
Spesso sento dire: io mi occupo dei “disabili”; questa normativa è per i “disabili”; sta passando l'autobus per i disabili; la cabina telefonica per…, etc, etc.
Ma allora esistono davvero i disabili? Scusate, che razza sono?
Questo termine lo sento dai mass media, lo pronunciano spesso coloro che occupano una poltrona e, peggio ancora, molti di coloro che siedono su una carrozzina. E' molto triste accorgersi che il termine é usato correntemente nelle conferenze, penso per comodità linguistica, trasformandosi poi in una dicotomia specifica e scandalosamente classificatoria. Ci rendiamo conto che spesso mandiamo la testa in viaggio da sola senza accompagnarla a riflettere, creando una brutta scissione in noi stessi e facendo precipitare, senza alcuno scrupolo, una buona parte del nostro essere nei dirupi, scoprendo poi che con l'abitudine all'uso di alcuni termini abbiamo fatto nascere “il diverso” non riuscendo più a concepire che siamo una sola “appartenenza” con uguali diritti e doveri.
E' molto importante comprendere che la soluzione al nostro vivere bene, dignitoso, dipende dalla capacità di organizzare la vita, predisponendo le città a misura di “PERSONA”. Questo è possibile solo se tutti quanti noi diventiamo capaci di abbattere le barriere che impediscono i tanti e vari passaggi di unione, indispensabili per la crescita di ognuno. Dobbiamo riuscire a comprendere che le barriere che segnano confini, non solo non portano da nessuna parte ma creano frontiere mentali che riducono i vasti orizzonti.
Io sono fermamente convinta, e si è in tanti a pensarla così, che non esiste ostacolo insormontabile quando si desidera realmente abbatterlo.
Siamo tutti persone, se pure con necessità ed esigenze diverse, ma sempre persone. Non facciamo nostra la pietà di coloro che ci vedono diversi, incapaci a scorgere in noi la gioia e l'amore del nostro vivere la vita con entusiasmo e dignità.
Chiediamo fermamente che le città rispondano alle esigenze di tutte le persone perché ogni giorno di più sentiamo di avere un alto concetto della vita e della dignità umana e questi concetti amiamo rispettarli
Quando ridivento piccola, voglio un mondo migliore.
Perché si usa pochissimo il termine invalido?
Disàbile - aggettivo e sostantivo m.
PEDAGOGIA - Si dice di soggetto che presenta una o più disabilità riferibili a particolari carenze fisiche o psichiche. (Questo termine va sostituendo quello di handicappato.)
Invàlido - aggettivo e sostantivo m.
Che o chi ha una menomazione fisica o ha infermità dovute a vecchiaia, infortunio sul lavoro, guerra, e non è più adatto a determinati lavori:es: un incidente lo ha reso invalido.
Dopo una pedalata a pranzo tutti insieme
di Ivana Taccori
Capita spesso che tra amici ci si incontri durante una manifestazione sportiva. C'é chi si ritrova per seguire da spettatore lo svolgersi della gara e c'è chi è sul posto per parteciparvi.
Poi succede anche che si decida di andare a mangiare tutti insieme da qualche parte.
OK: mi occupo io delle prenotazioni. Che ci vuole? “Pronto? siamo otto persone e vorremmo mangiare….”
“Mi dispiace è tutto prenotato, non c'è più posto”. Ma la mia terza telefonata, viene accolta da una voce suadente: “Quanti? Otto persone? Benissimo, non c'è alcun problema…. Sì certo, il locale è spazioso…Vi aspetto…..”
Arriviamo affamati. Entriamo felici, giocosi. Individuo il ristoratore. Gli vado incontro. Mi presento: “Ho prenotato un'oretta fa… ricorda …. il mio nome è……..”
“Dio santo ! Non mi aveva detto che erano così ridotti i suoi amici ! Attenda un attimo”.
Il cameriere, nel frattempo finiva di imbandire la tavola apparecchiata per otto persone, in bella vista al centro della sala.
Il ristoratore si allontana di qualche passo e asciugandosi sul panciotto il palmo delle mani umide dalla tensione e lasciando la fronte imperlata di sudore urla: “Antonio, lascia pure la tavola così, “i guasti” li mettiamo la in fondo.”
Sorridiamo tutti, perché l'allegria non ce la spegne nessuno.
Siamo stati molto bene. Abbiamo mangiato pietanze prelibate accompagnate dalla nostra felicità nello stare insieme, il tutto intervallato dal sorriso di chi ci serviva a tavola che incredulo stentava a capire come potesse albergare tanta felicità in chi per spostarsi é costrettto a star seduto sulla carrozzina o a reggersi sulle stampelle.
Mentre fuori il sole era alto in un cielo terso, dentro il locale una nuvola cupa riversava ombra sul corpulento fisico del ristoratore incapace di sorridere.
“Ci dispiace, con la sua testa “guasta” non potrà mai essere felice” – questo é stato il pensiero di tutti noi.
Mia madre, nei pochi anni che ho vissuto con lei, parlando di me, ripeteva spesso: Attenti, questa figlia ha su una mano il ramoscello d'ulivo e sull'altra il mitra qualora non basti il primo.
Non è una minaccia.
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