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dal 12/1/2008


© G.S.Chilometrando

La Tela di Penelope
di Giancarlo Melis

Premessa

Schliemann, prendendo a guida solo i testi dell'Iliade e dell'Odissea, avversato dalla cultura ufficiale del suo tempo, scoprì Troia, la reggia di Micene ed altro ancora, aprendo così un capitolo nuovo nella storia delle prime civiltà mediterranee.

Omero

I poemi omerici, dopo Schliemann , non sono stati più considerati un insieme di leggende o racconti mitologici tramandati da popoli impregnati di religiose superstizioni., Egli è riuscito a redigere se non un certificato di nascita, per Ulisse ed i suoi compagni, almeno quello di esistenza in vita. Da allora nessuno ha più messo in dubbio la loro identità, anzi si sono moltiplicati gli sforzi e i tentativi di tutti coloro che hanno cercato di collocare geograficamente i luoghi del tragitto percorso da Ulisse per ritornare alla sua Itaca.
Mi sono chiesto spesso se qualche lettore dell'Odissea si è posto degli interrogativi in merito alle caratteristiche “costante e luminoso” ripetutamente attribuite ad Odisseo, che paiono fuori luogo associate ad un uomo seppur eroe. Sappiamo che le cose più segrete quasi sempre vengono nascoste in messaggi elementari, luoghi talmente visibili e a portata di mano che malgrado evidenti indizi non si riesce a cogliere l'intimità del messaggio. L'Iliade e in particolare l'Odissea però, se letti con un codice interpretativo diverso dalla filologia classica, appaiono ricchi di significati culturali e scientifici inimmaginabili.


Quella sera Alliku inciampò per la seconda volta in poco tempo in un oggetto che spuntava dal terreno. Chinatosi per osservare meglio tra gli arbusti, e liberato un po' di terriccio attorno all'oggetto, intravide un pezzo di tronco fortemente conficcato che sporgeva dal suolo. Stava scendendo la sera, i contorni e i colori quasi indistinti, ma qualcosa di quell'oggetto gli sembrava familiare, non perché lui stesso l'avesse visto altre volte, forse qualcuno gliene aveva parlato, si chinò nuovamente e con il palmo della mano ne prese la misura. Venti. Pensieroso la ripeteva, venti, venti, cercando di trovare nei suoi ricordi un nesso qualunque. Ormai era quasi buio, stava pensando di ritornarci l'indomani per osservare l'oggetto alla luce del sole, poi, vista la stagione calda e il posto gradevole per trascorrervi la notte, decise di dormire nella radura di quell'altipiano. Sdraiato al suolo vide man mano il cielo riempirsi dei suoi abitanti, pianeti e stelle, che liberi navigavano in quel grande mare. Si addormentò tranquillo ma il pensiero di ciò che la sua mente aveva intravisto la sera prima lo svegliò che era ancora notte, così, pensieroso, cercò nel cielo i pianeti scoprendoli ad uno ad uno. Facevano un bel gruppo quei naviganti guidati nel loro peregrinare da Giove il più grande e luminoso. Ecco di nuovo quel numero nella mente; venti. Stava per sorgere il Sole che con il suo disco dorato faceva scomparire gli abitanti del cielo, sembrava il Ciclope, gigante dall'unico grande occhio, che man mano si mangiava i compagni di ……, voleva dire Ulisse ma il nome che pronunciò fu Giove. Quasi folgorato e spaurito da ciò che aveva appena detto si alzò in piedi preso da una grande agitazione, no, non è possibile si diceva tra se e se, bisognava trovare una giustificazione, una soluzione. Sedutosi per terra cercò di ritrovare la calma e di riflettere; mettiamo un po d'ordine nei pensieri, si diceva, prima di passare a tutte le implicazioni conseguenti. L'antro del Ciclope/Sole inconsapevolmente l'aveva individuato nella durata del giorno, di conseguenza Ulisse/Giove e i suoi compagni potevano sfuggire al gigante solo quando un lungo tronco l'avesse accecato facendo giungere la notte. Il Ciclope non aveva mentito. Essendo un Dio non poteva mentire e incolpare Ulisse, non poteva nemmeno dare un nome al tronco immaginario che attraversa la Terra e attorno al quale essa ruota determinando l'alternarsi del giorno e della notte. Ai compagni che lo interrogavano doveva forzatamente rispondere Nessuno. Bisognava dimostrare ora non solo che Giove/Ulisse era veramente chi affermava di essere, ma anche che Penelope/Saturno era la sposa che avrebbe raggiunto solo dopo venti lunghi anni.

Non avrei potuto scrivere queste considerazioni se non avessi letto il libro “Il mulino di Amleto” di Giorgio de Santillana e di Hertha von Deschend. Un saggio sul mito e sulla struttura del tempo. Dalla lettura del saggio si desumono tre regole elementari: Gli animali sono stelle o costellazioni, i pianeti sono Dei, i riferimenti topografici sono metafore per indicare le posizioni nel cielo dei pianeti stessi o del Sole o della Luna. Pertanto le isole degli dei sono le loro orbite o il luogo in cui avvengono le congiunzioni. L'idea base conduttrice del libro è che il mito rappresenta un linguaggio tecnico per registrare e trasmettere le date temporali (il quando) di avvenimenti storici, quali battaglie, scoperte, attraverso la descrizione del concomitante fenomeno astronomico riferito al “momento” precessionale degli equinozi in ciascuno spostamento di 30 gradi (pari ad un periodo di 2160 anni).

 

 

Michelangelo - Il Mosé con le corna, simbolo del passaggio dall'età del Toro all'età dell'Ariete.


Questo spazio temporale dai popoli di origine nordica era visto in maniera triangolare, come l'isola di Trinacria nell'Odissea, suddiviso in tre “stagioni di 720 anni” (ciascuna pari ad uno spostamento equinoziale di 10 gradi), da altre popolazioni stanziate a latitudini più vicine ai tropici era immaginato come quadrangolare e suddiviso in quattro “stagioni” di 540 anni.

 

Il mito corrispondente a trasmettere questa conoscenza astronomica é quello dell'Araba Fenice.

Periodi tanto lunghi venivano scanditi però da altri orologi a pendolo celesti quali i periodi di rivoluzione dei pianeti visibili ad occhio nudo, in particolare di Giove e Saturno e dalla loro costante congiunzione ventennale.

Da Keplero ….. La congiunzione di Giove e Saturno ricorre ogni venti anni.

Ulisse "Ebbene, sono in casa, io in persona; e dopo aver sofferto molti affanni, giunsi dopo venti anni alla mia terra nativa".
(Vedi anche Libro II versi 170-177; Libro XIX – versi 220-224)

Rispose il ricco di consigli Ulisse:
«Vigesim'anno è omai ch'egli da Creta
Si drizzò a Troia, e il favellare, o donna,
Di sì antica stagion duro mi sembra.

Giove: Il tempo impiegato a compiere una intera rivoluzione intorno al Sole (l'anno di Giove) dura quasi 12 anni dei nostri (11 anni più 10 mesi, 17 giorni)

Ulisse: (Libro XX versi 102-122; …….è l'ultima sera prima del confronto decisivo. Ulisse prega Zeus di mandarli un segno di incoraggiamento prima della grande prova: Zeus l'udì e subito dall'alto dell'Olimpo splendente tuonò … si rallegrò il caro Ulisse. Il presagio lo disse in casa una donna alla mola li presso, dove il pastore dei popoli aveva le macine. Vi lavoravano in tutto dodici donne per fare farina di orzo e grano, midollo degli uomini: Le altre, macinato il frumento, dormivano, ma quell'una (l'ultima) non aveva cessato, era di fibra meno durevole (leggi come temporalmente più breve); costei, arrestata la mola, parlò ………

Alzossi, e il manto
E i cuoi, tra cui giacea, raccolse e pose
Sovra una sedia, e la bovina pelle
Fuor portò del palagio. Indi, levate
Le mani, a Giove supplicava: «O Giove
Padre e dèi tutti, che per terra e mare
Me dopo tanti affanni al patrio nido
Riconduceste, un lieto augurio in bocca
Mettete ad un di quei che nell'interno
Végghiano; e all'aria aperta un tuo prodigio
Giove, mi mostra». Così orando, disse.
Udillo il sommo Giove, e incontanente
Dal sublime tonò lucido Olimpo
E l'eroe giubilonne. Al tempo istesso
Donna, che il grano macinava, detti
Presàghi gli mandò, donde non lungi
Del pastor delle genti eran le mole,
Dodici donne con assidua cura
Giravan ciascun dì dodici mole
E in bianca polve que' frumenti ed orzi
Riducean, che dell'uom son forza e vita.
Le altre dormìan dopo il travaglio grave:
Ma quella, cui reggean manco le braccia,
Compiuto non l'avea.
Costei la mola
Fermò di botto, e feo volar tai voci,
Che segnale al re fûro: «O padre Giove,
Degli uomini signore e degli dèi,
Forte tonasti dall'eterea volta,
E non v'ha nube. Tal portento è al certo
Per alcun de' mortali. Ah! le preghiere
Anco di me infelice adempi, o padre;
Cessi quest'oggi nella bella sala
Il disonesto pasteggiar de' proci,
Che di fatica m'hanno e di tristezza
Presso un grave macigno omai consunta.
L'ultimo sia de' lor banchetti questo!»

Giove
….. esiste poi la “grande macchia rossa”, situata nell'emisfero australe ai limiti della fascia tropicale. Ha una lunghezza di 45.000 km ed una larghezza di 15.000 km con una forma ovoidale disposta nel senso dell'equatore. Il suo colore, di un bel rosso mattone, va sempre più affievolendosi, ma subisce talora dei bruschi ritorni verso la tonalità di carminio e di rosa carminio. Unici elementi permanenti della macchia rossa sono la grandezza e la forma particolare. Cambia progressivamente di posto in quanto appare animata da una velocità superiore a quella degli elementi che la circondano…..

Ulisse
…….. il cinghiale gli si avventò alle ginocchia e con il dente, assalendolo di fianco, gli lacerò per un gran tratto la carne….. (Euriclea riconosce Ulisse per la grande cicatrice color vermiglio)

 

 

 

 

La scoperta dell'anello di Saturno è legata al nome di Galilei, il quale nel 1610 vide ai lati del disco due appendici luminose. Osservato nuovamente due anni dopo, Saturno apparve a Galilei come un semplice disco con due piccole gobbe ai lati.

 

 

Saturno
……. nei periodi intermedi, quando dalla posizione più lontana dell'orbita si porta in quella più vicina (posizioni equinoziali), gli anelli si presentano di taglio, ed essendo molto sottili (spessi soltanto 3 Km), pur dispiegandosi per 275.000 chilometri, sfuggono all'osservazione con strumenti modesti. In quei periodi sembra che Saturno abbia due escrescenze pressoché simmetriche, da un lato e dall'altro del disco. Saturno, è ben osservabile ad occhio nudo, da sempre, anche nell'antichità, è considerato il gioiello del sistema solare, impiega quasi 30 anni (29,5 anni) a compiere un'intera orbita intorno al Sole. I suoi anelli hanno una certa inclinazione rispetto al piano dell'orbita; cosi durante il movimento Saturno ne mostra per qualche anno la superficie superiore e per qualche anno quella inferiore (posizioni solstiziali); ……. Ogni stagione dura 7 anni terrestri.
…….. Ogni 14 anni e 9 mesi accade un fenomeno curioso: la Terra viene a trovarsi esattamente sullo stesso piano degli anelli in modo che questi diventano invisibili per la loro sottigliezza.

Penelope
…… quando scende le scale dalle alte stanze, accompagnata da due ancelle ……

Nelle superne vedovili stanze
Penelope, d'Icario la prudente
Figlia, raccolse il divin canto, e scese
Per l'alte scale al basso, e non già sola,
Ché due seguìanla vereconde ancelle.

Penelope
…… dalle stanze superiori scese giù per la lunga scala della sua casa, non sola, ma insieme con lei andavano due ancelle ……, e ciascuna delle due sollecite ancelle le stava a fianco..…

Penelope (Libro XIX versi 137-161)
…… O giovanotti miei pretendenti, giacché morì il divino Ulisse, voi che avete fretta di giungere alle mie nozze, aspettate tanto che io abbia finito di lavorare questo panno funebre per l'eroe di Laerte …… così diceva e riuscì a persuadere il nostro animo altero. Ebbene, essa durante il giorno tesseva e tesseva la sua grande tela, ma di notte la disfaceva, poiché si era fatto mettere delle fiaccole accanto. In tal modo per tre anni faceva di soppiatto il suo inganno e teneva a bada gli Achei. ….

Penelope
…… Sono ormai tre anni, e fra poco verrà il quarto, da che essa va ingannando l'animo in seno agli Achei, … essa escogitò nella sua mente quest'inganno: Piantò un grande telaio e cominciò a tessere nella sua casa una tela sottile e assai larga …
(Vedi libro II, versi 88-110)

Sette anni per tessere la tela, sette anni per scioglierla (dopo quasi quattro anni dall'inizio della stagione i segni sono ormai ben visibili e non possono essere più ignorati/nascosti).

Ulisse
……. Intanto si svegliò il divo Ulisse dormente sul suolo nativo, e neppure lo riconobbe, assente com'era già da gran tempo, perché gli aveva sparso intorno una nebbia la dea, Pallade Atena figlia di Zeus ….

Saturno
…….. è attraversato talvolta da strisce grigio brunastre variabili con il tempo, simili a nubi (nebbia), particolarmente visibili nelle regioni equatoriali, alle quali a grandi intervalli di tempo si aggiungono macchie bianche che si formano nell'atmosfera. …….. il pianeta ha un colore giallastro, dovuto alle nubi che lo ricoprono.
Libro XIX versi 136-156

Io mi consumo, sospirando Ulisse.
Quei m'affrettano intanto all'abborrito
Passo, ed io contra lor d'inganni m'armo.
Pria grande a oprar tela sottile, immensa,
Nelle mie stanze, come un dio spirommi,
Mi diedi, e ai proci incontanente io dissi:
"Giovani, amanti miei, tanto vi piaccia,
Quando già Ulisse tra i defunti scese,
Le mie nozze indugiar, ch'io questo possa
Lugubre ammanto per l'eroe Laerte,
Acciocchè a me non pêra il vano stame,
Prima fornir, che l'inclemente Parca
Di lunghi sonni apportatrice il colga.
Non vo' che alcuna delle Achee mi morda,
Se ad uom, che tanto avea d'arredi vivo,
Fallisse un drappo, in cui giacersi estinto".
A questi detti s'acchetâro. Intanto
Io, finché il dì splendea, l'insigne tela
Tesseva, e poi la distessea la notte,
Di mute faci alla propizia fiamma.
Un trïennio così l'accorgimento
Sfuggii degli Achei tutti
, e fede ottenni.
Ma, giuntomi il quarto anno, e le stagioni
Tornate in sé con lo scader de' mesi,

E de' celeri dì compiuto il giro,
Côlta da proci, per viltà di donne
Nulla di me curanti, alla sprovvista,
E gravemente improverata, il drappo
Condurre al termin suo dovei per forza.

Penelope …… Libro XXI – La prova dell'arco.
Ella salì su per l'alta scala della sua casa, e prese una ben levigata chiave, magnifica, di bronzo con un manico d'avorio, nella palma della mano; e si avviò per andare con le giovani ancelle al talamo più lontano, dove erano riposti i tesori del sovrano, bronzo e rame e ferro molto lavorato. Ed ivi giaceva un arco ritorto e una faretra piena di dardi, che dentro aveva molte saette dolorose. …..
…… E il divino Ulisse non lo prendeva mai con sé andando alla guerra sopra le nere navi, ma esso rimaneva li riposto in casa come ricordo di un ospite caro, ed egli lo portava solo quando era in patria. (Libro XXI versi 38-41)

Appunto essa andò allora a quel talamo … ed essa …. Sporgendosi in su, distaccò da un chiodo l'arco con tutto il fodero luminoso che lo avvolgeva. Poi messasi a sedere, l'appoggiò sulle ginocchia, e piangeva con alte grida mentre tirava fuori l'arco del suo signore.

Quest'arco Ulisse, allorché in negra nave
Alle dure traea belliche prove,
Nol togliea mai; ma per memoria eterna
Del caro amico alla parete appeso
Lasciar solealo, e sol gravarne il dosso
Nell'isola natìa gli era diletto.
Come pervenne alla secreta stanza
L'egregia donna, e il limitar di quercia
Salì construtto a squadra e ripolito
Da fabbro industre, che adattòvvi ancora
Le imposte ferme e le lucenti porte,
Tosto la fune dell'anello sciolse,
E introdusse la chiave, ed i serrami
Respinse: un rimugghiar come di tauro,
Che di rauco boato empie la valle
S'udì, quando le porte a lei s'aprîro.
Ella montò su l'elevato palco,
Dove giaceano alle bell'arche in grembo
Le profumate vesti, e, distendendo
Quindi la man, dalla cavicchia l'arco
Con tutta distaccò la luminosa
Vagina, entro cui stava. Indi s'assise;
E quel posato su le sue ginocchia,

Ne' pianti dava e ne' lamenti: al fine
Dalla custodia sua l'arco fuor trasse.
Ma il Laerzìade, come tutto l'ebbe
Ponderato e osservato a parte a parte,
Qual perito cantor, che, le ben torte
Minuge avvinte d'una sua novella
Cetera ad ambo i lati, agevolmente
Tira, volgendo il bìschero, la corda:
Tale il grande arco senza sforzo tese.
Poi saggio far volle del nervo: aperse
La mano, e il nervo mandò un suono acuto,
Qual di garrula irondine è la voce.
Gran duolo i proci ne sentiro, e in volto
Trascoloraro; e con aperti segni
Fortemente tonò Giove dall'alto.
Gioì l'eroe, che di Saturno il figlio,
Di Saturno, che obliqui ha pensamenti,
Gli dimostrasse il suo favor dal cielo;
E un aligero stral, che su la mensa
Risplendea, tolse: tutte l'altre frecce,
Che gli Achivi assaggiar dovean tra poco,
In sé chiudeale il concavo turcasso.
(Libro XXI versi 404-414)

Nell'Odissea vi è un grande messaggio scientifico criptato mitologicamente che indica le caratteristiche dei pianeti Giove e Saturno, il costante periodo della loro congiunzione e in particolare la congiunzione numero 108 (il numero dei pretendenti di Penelope) che chiudeva dopo 2160 (20 anni per 108 Proci) una età del mondo, con la distruzione di Ilio (l'Isola del Sole). Il viaggio di Ulisse indica solamente il momento finale della chiusura di uno spazio/tempo, lo spostamento di 30 gradi nella precessione degli equinozi. Come ai tempi di Galileo, anche in Grecia nel periodo di Omero, gli astronomi/sacerdoti, cioè chi veramente sapeva, nel trasmettere conoscenze scientifiche, per evitare accuse di eretismo o di diavolerie, utilizzava un linguaggio criptato eroicizzando gli antichi Dei perché ormai venivano chiamati con nuovi nomi.


Anche la fine dell'Età dell'Ariete e l'inizio di quella dei Pesci è stata trasmessa con un racconto criptato per adattarlo sia alla volontà di chi gestiva il Potere, sia al diffuso sentimento religioso dei comuni mortali.


 

 

 

Il tradimento di Giuda per 30 denari (gradi) avvenne nel bosco degli ulivi, sul lato Est del tempio di Gerusalemme.

 

 

 

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