Lettera
al Sindaco del Comune di Cagliari Dott. Emilio
Floris |
----- Original Message
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From: maury
To: Chilometrando
Sent: Tuesday, October 12, 2004 11:00 PM
Subject: Re: nuovi scritti "sport
e amicizia" "sport
per tutti"
Salve, ho potuto ammirare
il lavoro da te svolto che acquisisce un sempre più
alto significato, completandosi ed arrichendosi di emozioni
e forti sentimenti.
Concordo con te sul ritenere assurdo che ancora oggi
ci possa essere qualcuno che la ragiona in maniera diversa
e quindi innaturale, ne ero convinto prima del mio incidente
lo sono ancora oggi a quasi sei anni da quel 20 ottobre
del 1998.
Tieni presente che sarà sempre qualcuno che cercherà
di avanzare con una strana teoria l'idea che le cose
non stanno come noi le vediamo, a quel punto ricorda
cosa diceva tua madre e per un momento stringi forte
la mano con cui reggi il tuo
"mitra" della ragione e della pace, e
combatti per quel in cui credi, perché anche
se ti può sembrare presuntuoso questo ma tu sei
nel giusto solco della vita.
Per farti capire quanto ogni giorno sia difficile fare
questo e mantenere la giusta calma, ed agire sempre
con quel "mitra" ti allego
una lettera che la settimana prossima dovrò presentare
al consiglio comunale di Cagliari, fammi sapere
cosa ne pensi, io non ti spiego nulla prima e voglio
che tu la legga senza sapere più di tanto per
sapere quale effetto suscita in te e se capisci da cosa
é scaturita. Saluti Un saluto ed un abbraccio
a te ed a Giancarlo
Maurizio & Linda.
-
Al Sindaco del Comune di Cagliari Dott. Emilio Floris
- Ai Sig.ri Consiglieri Comunali del Comune
di Cagliari
- Ai Sig. Assessori del Comune di Cagliari
Cagliari, 07 ottobre 2004
di Maurizio Atzori
Come ormai mi capita spesso
da circa un anno a questa parte, questo martedì
mi sono recato in Comune, per assistere allo svolgimento
dei lavori del consiglio comunale. Così facendo
ho potuto assistere alla vostra discussione su una mozione
presentata dal consigliere di maggioranza l’On. Onorio
Petrini.
Ed anche questa volta sono andato via dall’aula con
una sensazione che riesco a descrivere solamente come
un forte “amaro in bocca”.
Riflettendo sulla via di casa, sono stato quasi folgorato,
quando ho compreso da cosa era originato questa mia
reazione, quasi fisica, che avevo ogni volta che in
consiglio comunale si affrontava una discussione che
potesse riguardare in qualche misura le problematiche
delle “persone” con disabilita.
Questa mia condizione era originata, non da come venivano
trattate le diverse problematiche o dalle argomentazioni
avanzate dai diversi consiglieri, oppure dalle risposte
presentate dagli assessori e dal sindaco, ma bensì
dalla svariata ed innumerevole gamma di epiteti usati
da quasi tutti quando si parla delle “persone” con disabilita”.
Ci tengo a precisare che questa mia necessità
trova ragione d’essere, non nella mia incapacità
ad acquisire una coscienza della mia nuova condizione
di handicap (svantaggio), che mi impedisce di poter
salire le scale di un ufficio sia esso pubblico o privato.
Ma nel aver preso coscienza che questa mia condizione
di handicap ha origine in un progettista che non ha
rispettato una normativa ben determinata, in un tecnico
del comune o della ASL che magari non l’ha fatta rispettare,
ed in una società che anzi che pensare e progettare
il proprio presente ed il proprio futuro per tutti,
tende ad emarginare chi non rientra in quegli stereotipi
di “normalità” ed a disrciminare.
Sinceramente anche questa volta mi sono trovato ad ascoltare
degli interventi, non entrando nel merito dei contenuti
espressi, per i quali è stato per me estremamente
difficoltoso seguirne il filo logico.
Forse dovuto esclusivamente ad un mio limite personale,
ma non comprendevo ad esempio quale legame ci fosse
tra un servizio che avrà come fine la divulgazione
dei diritti a tutte le “persone” che si troveranno a
doverne avere bisogno, con la presunta nostra incapacità
nel difendere i nostri diritti, o nello scegliere da
chi farci adeguatamente rappresentare, o dalla forte
pendenza di uno scivolo fatto per accedere allo stadio.
Proprio durante questa riflessione ho compreso che la
cosa che più mi irritava era la maniera in cui
molti si dilettavano nello spiegare quali erano le nostre
necessità, non riferendosi mai a delle “persone”
con disabilita, ma una volta diventavamo “soggetti”,
un’altra “pazienti”, un’altra ancora “diversamente abili”,
sino ad essere degli sprovedduti facilmente strumentalizzabili.
Come al solito i politici
cadono nel loro difetto più diffuso, siano essi
di destra, sinistra, centro, alto e basso, che è
quello di voler dire qualcosa anche senza conoscere
il significato delle terminologie che usano, per non
parlare degli argomenti di cui parlano.
Nella maggior parte dei vostri interventi ci si dimentica
che, le “persone” devono affrontare quotidianamente
delle situazioni discriminatorie non potendo così
esprimere i propri diritti.
E queste stesse “persone” si trovano in una condizione
di svantaggio (ossia handicap) perché è
la società stessa, che come viene organizzata
e concepita, tende ad escluderle anziché includerle,
con barriere non solo fisiche ma nella maggior parte
delle volte mentali e culturali.
Questa situazione non è originata dal essere
“persone” con disabilita, sia essa di origine motoria,
sensoriale o intellettivo relazionale, ma dalla incapacità
della nostra società nel recepire le esigenze
di tutte le sue componenti.
Così facendo una persona che malauguratamente
perdesse il lavoro, e per una serie di sfortunate coincidenze
si trovasse a dover affrontare la società odierna
in una situazione di estrema povertà, si troverà
in una forte condizione di handicap (svantaggio), entrando
di tutto diritto in quella fascia delle “persone” con
disabilita.
Naturalmente con le sue necessità e problematiche,
che si differenzieranno da quelle di un’altra persona
perché ognuno di noi è unico, diverso
ed irripetibile allo stesso tempo.
Concludo chiedendovi di ricordarvi che le parole con
le quali si indicano le “persone” sono importanti, ed
importante è il significato che esse hanno.
Quindi vi esorto tutti ad essere, sempre più
attenti e critici, ai rischi di esclusione sociale che
una società così complicata come la nostra
porta insiti in se stessa, anche con l’uso dei termini
sbagliati.
Ma dovrete farlo usando la giusta terminologia, rispettosa
delle “persone” a cui ci si riferisce.
Colgo l’occasione per porgervi i nostri più cari
e distinti saluti, rinnovando inoltre la disponibilità
di tutto il direttivo della Co.A.Di., a continuare quel
percorso di stretta collaborazione iniziato con la stesura
del regolamento taxi, che ci ha visti ricoprire a pieno
in nostro ruolo di consulta del consiglio comunale.
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