Ecco un’immagine
della mia prossima meta. A novembre parto per
gli altipiani fra Cile, Argentina e Bolivia, percorrerò
gli sterrati che s’inerpicano sulle Ande a quote
che oscillano fra i 4000 e i 5000 metri fra i
vulcani della cordigliera. Cercherò di
salire sul passo più alto del mondo a 5750,
poco sotto il volcan Uturrunco, dopo aver attraversato
il Salar di Uyuni, una distesa salata a 4000 metri
di quota grande come mezza Sardegna.
Non è assolutamente
né una sfida né un’impresa,
è solo un’escursione, un po’ lontana da
casa. Le imprese le compiono i “poveracci” che
partono dal centro Africa, attraversando i grandi
deserti sahariani prima di giungere sulle coste
mediterranee ed imbarcarsi sulle carrette del
mare per raggiungere l’Europa. Molti non hanno
neanche le scarpe ai piedi e un numero imprecisato
di loro muore di stenti nelle sabbie desertiche.
A presto, Enzo.
Leggi il racconto in pdf Diario
di un viaggio
in Ecuador
28
gennaio 2006
Dopo
un viaggio interminabile con scali a Roma, Caracas
e Bogota' con varie peripezie per non pagare l'eccesso
bagaglio ( a Cagliari volevano farci pagare 520
euro a bici!!!), finalmente siamo arrivati a Quito.
La prima impressione e' stata positiva; a 2800
metri di altura la citta' offre scorci panoramici
interessanti ed un centro molto pulito ed ordinato.
Strano ma vero, ma per chi conosce le citta' sudamericane,
caotiche e disordinate, la capitale Ecuadoregna
fa eccezione. La gente e' cordiale come di tradizione
dei popoli andini, i giovani sono numerosissimi
( che gli anziani muoiano prima?) ma meno
chiassosi ed indisciplinati dei nostri, nelle
bellissime piazze circondate da edifici coloniali,
molto ben conservati, la gente si attarda ad ammirare
numerosi "saltimbanco" o attori ed artisti
improvisati, sembra di tornare un po dietro nel
tempo. Con Roberto ci siamo concessi una giornata
di svago gironzolando per le coloratissime vie
del centro fra bancarelle e negozietti,
lustrascarpe e prostitute, mendicanti e uomini
d'affare, tutto alla luce del sole, anche quello
vero e caldo che nonostante
l'altezza si fa sentire.
Ora ci prepariamo a rimontare le bici e i carrelli
per puntare la ruota ad oriente verso la regione
amazzonica, ma prima bisogna svalicare un passo
a 4100 metri!!!!, meglio affittare un pick-up.
Hasta luego - Enzo e Roberto
31
gennaio 2006
Abbiamo lasciato Quito con un minibus tutto per
noi, la citta' e' immensa e circolare con la bici
e' puro suicidio. Svalicato un passo a 4200 in
uno scenario irreale, ci siamo fermati a Papallacta
( 3300 mt), villaggio di 100 anime famoso per
le numerose piscine termali. La sistemazione in
un hostal semplice ma dotato
di una sorta di saletta giochi, ci ha consentito
di rimontare bici e carrelli in assoluta tranquillita'.
Fortunatamente le nostre "bambine" sono
sopravissute al lungo viaggio. La mattina successiva,
di buon ora, partiamo per l'avventura ecuadoreña;
fa freddo e piove, inoltre la strada che percorriamo
e' molto trafficata. Grossi camion fanno spola
fra la regione di Quito e i pozzi petroliferi
di Lago Agrio, nell'amazzonia nord-orientale,
fortunatamente siamo veloci come loro e la strada,
asfaltata, ci risparmia una fine da blatte. Dopo
40 km e 1500 metri di dislivello, in discesa,
arriviamo a Baeza ( 1850 mt). Nel villaggio non
c'e' nulla, ma l'hostal e la calorosa accoglienza
del proprietario rendono la serata piacevole e
rilassante. Mattino del 30 gennaio, fuori piove
ma non fa freddo. Partiamo alle 8 dopo una colazione
a base di frutta e succhi tropicali, la strada
che ci attende ci mette un po d'ansia. Le informazioni
che abbiamo sono contraddittorie, c'e' chi dice
che la strada e' asfaltata, chi dice che e' sterrato
buono, chi dice che lo sterrato e' malo e barrancoso,
lo scopriremo dopo pochi chilometri. Primi 10
km di asfalto in ascesa sino al "mirador
de la viergen", dopo solo sterrato sconnesso
e duro, ma si scende in uno scenario di incomparabile
bellezza. Attraversiamo sconfinate e fittissime
foreste immerse in un mare di nuvole, sembra che
la foresta sprigioni vapori come se bollisse,
ci emozioniamo per la bellezza delle ande preamazzoniche.
Rapidamente scendiamo di quota sotto una pioggia
sottile ma non fastidiosa, ogni curva nasconde
vedute mozzafiato, non sentiamo nemmeno la fatica
e le forti vibrazioni provocate dal fondo sconnesso.
Nelle quote piu' basse palme e banani ci danno
il benvenuto in amazzonia. Dopo 8 ore arriviamo
a Tena ( 500 mt), siamo in piena amazzonia, e
si sente dal calore che ci asciuga le ossa. Mi
spiace per voi che state lottando contro il freddo
pungente dell'inverno, ma vi pensiamo con partecipazione.
p.s. Roberto ha scoperto di essere un discesista,
2800 metri di dislivelo in 130 km....e su sterrato!
Hasta luego
Roberto ed Enzo
3
febbraio 2006
Ieri notte abbiamo cenato 2 volte, tale era la
fame dopo i novanta chilometri da Tena a Puyo.
Le forti vibrazioni dello sterrato pessimo e gli
interminabili saliscendi hanno lasciato il segno
proprio nel punto piu' delicato del ciclista....
Questa mattina, un po doloranti ma ben determinati,
siamo partiti alla volta di Baños ( 1880
mt). La strada asfaltata ha preso a salire subito
con forti pendenze, e quando trovavamo il ritmo...scendeva
vanificando lo sforzo. Dopo una trentina di chilometri
la pioggia ci ha lavato un po di sudore, ma tutto
sommato da queste parti e' come farti una doccia
tiepida. Quando tutto sembrava presagire un tranquillo
trasferimento, ecco l'imprevisto, una serie di
tunnel non transitabili in bici ci costringevano
a delle deviazioni su sterrati del vecchio tracciato,
sicuramente belli e suggestivi, ma col fondo schiena
ancora dolorante potevamo farne a meno. Una sosta
per ammirare la cascata del " paillon del
diablo", molto bella, ma da qui a definirla
l'ottava meraviglia del mondo...ce ne passa. Riprendiamo
la salita con le gambe di piombo e superato l'ultimo
desvio, ecco una enorme frana che ci impedisce
di avanzare. Mezza montagna e' venuta giu' a causa
delle forti pioggie, la strada e' sotto mezzo
metro di terra e massi, ma le ruspe dell'Anas
Ecuadoreña lavorano velocemente e ci lasciano
passare. Quando tutto sembrava finito e i chilometri
hasta Baños diminuivano, nell'ultima galleria,
stretta la meta' del vecchio tunnel per Cala Gonone,
non avendo la possibilita' di aggirarla per un
desvio...l'abbiamo percorsa contromano con le
frontali e una strizza terribile. Finalmente un
cartello posto dopo un tratto di salita ci dice
che siamo giunti a Baños, ma e' solo uno
scherzo di pessimo gusto, Baños e' ancora
qualche km piu' su e le forze sono esaurite, a
stento riusciamo a trovare un'hostal, ancora qualche
metro e saremmo crollati. Abbiamo l'aspetto di
due reduci della guerra di Abissinia, cotti, tirati
e...affamati.
Hasta luego
Roberto ed Enzo
9
febbraio 2006
Dopo aver trascorso 1 giorni di riposo forzato
a causa della pioggia a Riobamba ( 2800 mt), bella
cittadina
andina ma fotocopia delle altre, la mattina del
7 partiamo con destino Pallatanga ( 1500 mt).
Le informazioni di cui siamo in possesso riguardo
il percorso sono contraddittorie; la polizia locale
ci indica una carretera con un passo a 3200 mt,
un'agenzia di trekking un'altro percorso, praticamente
tutto in discesa. Considerato che in Ecuador non
esistono carte stradali con le altimetrie, c'e'
solo da scoprirlo strada facendo. Si parte in
salita, giusto per scaldarsi, visto che la temperatura
e' fresca. Dopo pochi km siamo fuori dall'erea
urbana, la panamericana in questo tratto e' piuttosto
trafficata da mezzi pesanti che collegano il nord
del paese con le aree verso il confine peruviano.
Finalmente lasciamo questo tratto inquinato dagli
scarichi per deviare in una strada piu' tranquilla,
ma con pendenze molto importanti. L'altimetro
indica che siamo gia' a 3200, ma del passo neanche
l'ombra. Il paesaggio andino e' bellissimo, le
vedute aeree sono da cartolina, ma lentamente
la vegetazione diventa sempre piu' rada e questo
sta ad indicarci che si sale ancora. Dopo una
serie interminabile di tornanti all'insu', finalmente
si intravede il passo, siamo a 4000, mai prima
d'ora cosi' in alto. Il peso a traino di 40 kg
ci ha fatto venire le gambe di piombo, ma nonostante
l'aria sottile, il fiato c'e' e non accusiamo
alcun problema di quota. Ci copriamo come palombari
prima dell'immersione, un'immersione che ci portera'
giu' di 2500 mt. Roberto pensava che la discesa
da campuomu fosse proibitiva, mai avrebbe pensato
di scendere dalle ande con un carico del genere.
La strada e' sconnessa e i freni sono sempre in
tiro. Attraversiamo numerosi villaggetti di povera
gente, i campesiños rientrano alle loro
abitazione con carichi da muli sulla schiena (
ecco perche' sono tutti ingobbiti), man mano che
si scende la temperatura sale e gli alpeggi d'alta
quota (paramos) sono sostituiti da foreste tropicali.
A 3000 metri di quota le nuvole basse rendono
il paesaggio straordinariamente affascinante,
ci fermiamo piu' volte a far foto e ...a far riposare
le mani doloranti per il lavoro dei freni. Quando
oramai sentivamo il profumo di un "caldo
de gallina", ecco che le nuvole si fanno
fittissime, nebbia da tagliare a fette. Per un'ora
navighiamo senza riferimenti, si vede giusto 2-3
metri. Sono chilometri estenuanti, le auto ci
superano sfiorandoci, ogni volta un brivido ci
sale per la schiena. Ci si mettono anche i cani,
loro ci vedono e ci costringono a scendere dalle
bici per cercare qualche sasso, ne colpisco uno....cai,
cai, cai! ( se vedo uno dell'associazione per
la protezione dei cani...!.). Finalmente si arriva
a Pallatanga, stanchi e affamati. Nel villaggio
non c'e' nulla, giusto qualche tienda e officine
per il cambio d'olio e freni dei camion. Troviamo
da dormire a 3 km dal villaggio, ma non c'e' da
mangiare. Siamo costretti a rientrare a piedi
( giusto por rimanere in forma) al villaggio per
consumare un pasto andino in un punto sosta dei
camion, riso con lomito trasparente come l'ostia.....che
fame, la notte ho gli incubi e sogno spaghetti
e pasta al forno!
La mattina dell' 8 partiamo sotto una pioggia
sottile ma gradevole, fa caldo e ha l'effetto
di temperarci, la strada scende ancora ma siamo
riposati e piu' tranquilli, prima della partenza
ho cambiato per la seconda volta i pattini freni
a Roberto, tutto sommato avremo fatto almenno
6000 metri di discesa, chi l'avrebbe detto?.
Arriviamo in pianura e il caldo diventa affoso
e insopportabile, facciamo piu' soste per bere
e far scorta di liquidi. Dopo 140 km percorsi
tra coltivazioni di banani arriviamo in prossimita'
di Guayaquil, citta' di 2.500.000 di abitanti
e' caotica e pericolosa per essere posseduta con
le bici, ci fermiamo a Duran nel primo hostal
che troviamo. La notte c'e' musica nelle stanze,
serve per coprire l'ansimare degli ospiti.....e'
un'albergo a ore, ma siamo stanchi e non sentiamo
nulla.
Hasta luego
Roberto ed Enzo
Salinas
e-mail
del 15 febbraio 2006 h. 15,17
Dopo
i ritmi notturni dell'hostal a ore di Duran, decidiamo
di trasferirci al centro di Guayaquil, citta'
di oltre 3 milioni di anime, situata sull'estuario
del rio guaya, porto importante del pacifico.
A parte l'avenida 9 de octubre, cuore elegante
della citta', e il lungomare, anzi lungofiume,
malecon 2000, passeggiata chiusa al traffico e
supersorvegliata al punto che se non stai attento
inciampi in un poliziotto, la citta' non offre
nulla di particolarmente interessante. Decidiamo
di partire subito verso la costa, destinazione
Salinas. Con una camionetta ci facciamo trasportare
in periferia, il traffico e' caotico e non vogliamo
correre rischi. Rimontiamo bici e carri sotto
un cavalcavia, piove a dirotto ma fa caldo, il
traffico in quel punto ci spaventa. La sorpresa
amara e' dopo qualche chilometro... si varca un
casello autostradale!. Nell'autostrada le bici
e ...i cani possono circolare liberamente, quelli
li trovi ovunque, sempre pronti ad inseguirti.
Percorriamo i 140 km piu' deprimenti e faticosi
della nostra storia ciclistica, non c'e' cosa
peggiore di andar in bici in una strada larga
con una serie interminabile di saliscendi dove
i "sali" sono rasoiate alle gambe. Immaginate
di percorrere la 554 per una tale distanza, con
mezzi pesanti sbuffanti come locomotive che ti
fanno il pelo. Arriviamo succhiati fisicamente
e psicologicamente, ma non potevamo evitare questa
punizione, le informazioni in Ecuador sono inattendibili,
inoltre non esistono carte stradali a non meno
di 1:5.000.000, praticamente francobolli.
Altra delusione è Salinas, la brutta copia
di Cesenatico, grattacieli e locali per turisti
su un mare che di grande ha solo l'estensione,
ma e' sempre il pacifico, essere arrivati sino
qui dall'amazonia scavalcando la cordigliera andina,
ci gratifica.
hasta luego
Enzo e Roberto
Puerto
Lopez.
e-mail 15 febbraio 2006 h.15,45
Dopo aver rischiato il colera a cena mangiando
un ceviche di pescado, un piatto a base di pesce
crudo marinato con limone e cipolle, ripartiamo
verso sud per la "ruta del sol", una
strada poco trafficata che in 250 km ci condurra'
sino a Manta. Si costeggia il pacifico, continui
saliscendi rendono il percorso suggestivo per
i numerosi scorci panoramici sul mare, ma quando
la strada si allontana dalla costa e' subito foresta
pluviale, sconfinata fittissima, una delizia per
gli occhi. Attraversiamo numerosi pueblos tutti
identici, cani liberi, tiendas, mercatini, donne
orribili con grandi tette e culi come mongolfiere
spidocchiano i niños, uomini altrettanto
brutti tengono la maglietta sollevata mostrando
orgogliosamente pance grandi come angurie di Arborea,
non venite qui a cercare la vostra anima gemella,
qualcuno potrebbe anche trovarla. Ci guardano
come fossimo marziani, suscitiamo invidia alle
numerose persone che con le loro bici trasportano
carichi voluminosi e pesanti, sacchi di patate,
galline, maialetti, cartoni di uova e chissa'
quant'altro.Ci fermiamo a Puerto Lopez, poco piu'
di cinquemila abitanti, spiaggia grande e larga,
onde da surf, strade infangate, sporcizia ovunque,
cani pure. Alloggiamo presso un hostal molto curato
gestito da un americano che dopo aver girato il
mondo come marinaio, si e' fermato in questo sputo
di posto a cercar fortuna. Stiamo un giorno a
riposare, tentiamo anche un bagno ma la prima
onda e' come un caterpillar, ci riporta sul bagnasciuga.
Intanto montezuma colpisce, ma fa parte del viaggio,
anche se stai attento nel mangiare, qualche batterio
si infila anche dalle narici mentre ti fai la
doccia, ma la farmacia personale e' ben fornita.
Hasta luego
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Thursday, February 16, 2006 3:43 PM
Subject: San Lorenzo
A Puerto Lopez piove tutta la notte, pioggia incessante
accompagnata al ritmo costante dell'onda pacifica
che si infrange sulla battigia, i pensieri corrono
sul percorso gia' fatto, sulle persone poverissime
conosciute nell'attraversamento dei piccoli villaggi,
alle salite durissime, alle discese lunghe e pericolose
e ai freni consumati, alle foreste interminabili
e alle coltivazioni di banani, all'acqua che costantemente
ci ha tenuti freschi me anche al caldo torrido
delle pianure.
Come ogni mattina la pioggia d'improvviso smette
di cadere, prepariamo le nostre bici sotto lo
sguardo incuriosito di una famiglia ecuadoneña,
lui, il capo tribu', per augurarci un buon viaje
ci dice che l'anno scorso sulla strada che percorreremo
domani, due ciclisti belgi sono stati aggrediti
e uno e' stato ucciso....evviva!. Tocchiamo tutto
cio' che porti fortuna e partiamo.
Il percorso e' un'alternanza di scorci panoramici
sul pacifico e foreste tropicali, piccoli villaggi
di pescatori, case di legno e barche malandate
a secco sull'arenile a causa della bassa marea.
Attraversiamo un tratto di una trentina di chilometri
senza ne villaggi ne traffico, mentre ammiriamo
il paesaggio rilassati ma "cuidaos"
pensando al belga "matado", un solco
longitudinale sull'asfalto mi fa perdere il controllo
della bici e finisco in cunetta. Mi rialzo subito
per verificare di non aver nulla di rotto, ho
battuto il costato e sono dolorante, brutta cosa
la passione della bici, l'asfalto e' duro, ne
so qualcosa. Ripartiamo mentre incomincia a piovigginare,
non abbiamo piu' acqua, occorre fare una deviazione
in un piccolo villaggio a cercarne, ma da queste
parti sono "addormentati" dalla calura,
riusciamo a farci comprendere e finamente ripartiamo
con abbondanti scorte. All'uscita del villaggio
i soliti cani ci aggrediscono, sono dolorante
per la caduta e non intendo rischiarne un'altra,
butto la bici di lato, afferro una grossa pietra
e con un tiro perfetto ne centro uno......strada
libera.
Riprendiamo a salire sotto un sole cocente, grondiamo
come rubinetti aperti, 400 metri di dislivello
secchi sono tanti dopo un centinaio di km, ci
fermiamo in un hostal lungo strada, per oggi basta
e avanza, domani si arrivera' a Manta, citta'
costiera. Dormiamo pensando al belga.....
Hasta luego
Roberto&Enzo
p.s.
Ecco altre foto: scusate il formato
pesante, i computers nei punti internet non hanno
programmi di elaborazione immagini, la mia reflex
l'ho impostata per un formato medio alto. Qui
siamo solo due anni indietro nel campo informatico
e telefonico, ma per i ritmi vertiginosi dell'evoluzione
della comunicazione sono migliaia di anni luce.
A presto
Enzo
Sent: Sunday, February 19, 2006
12:01 AM
Subject: fine del viaggio
Nell'hostal
ad una decina di km da S.Lorenzo si sta bene,
l'atmosfera e' rilassante, intorno cavalli e vacche
pascolano beati in grandi distese verdi rubate
alla foresta tropicale. Pigramente rimontiamo
i nostri carichi, un'altro giorno di relax ci
sarebbe voluto anche perche' i postumi della caduta
si fanno sentire.
La prima pate del percorso verso Manta e' gradevole,
soprattutto si scende, un po e' come se avessimo
un motorino e non la bici. Finita la lunga discesa
ritrovamo il pacifico, in questo punto grigio
e triste. Rincominciano i saliscendi, la "gamba"
e' fredda e abbiamo la sensazione di avere piombo
al posto dei muscoli. Lentamente il paesaggio
si fa deprimente, fabbriche, magazzini, officine
e discariche a cielo aperto prendono il posto
della "naturaleza". Facciamo ingresso
a Manta, sembra di entrare nella periferia di
Kathmandu, o in quella di Calcutta, ma un po ricorda
anche le nostre periferie, sporche, disordinate.
Chiediamo informazioni per evitare di fermarci,
magari proseguendo per una trentina di km verso
Rocafuerte, ma le informazioni sono contradditorie,
chi dice a destra e chi a sinistra. Un poliziotto
ci sconsiglia di proseguire in bici, la strada
e' "angosta e muy perigrosa, los carros matan
los ciclistas". Ci ritroviamo intrappolati
nel traffico piu' cautico che si possa immaginare,
una colonnina indica 34 gradi e un tasso di umidita'
al 100%, prendiamo la decisione piu' saggia, ci
fermiamo. Roberto non si e' ancora ripreso dal
"mal del viaggiatore", io ho le costole
doloranti, decidiamo di smontare tutto e caricare
su un pullman per Quito. La decisione si rivelera'
azzeccata. Ci riposiamo per qualche ora in un'albergo
squallido come il resto della citta', ma basta
per farci una doccia in attesa del bus, che in
otto ore di viaggio notturno, ci portera' a Quito.
Abbiamo percorso 1000 km, difficili, mai un metro
di pianura, mai una giornata senz'acqua, mai senza
caldo opprimente, mai senza cani.
Alle 9,45 un bus senza servizi a bordo, un po
sgangherato, lentamente esce dalla caotica Manta,
il fattorino, con cravatta da far invidia a Berlusconi,
mezzo fuori dalla porta , continua ad urlare...a
Quito..a Quito..a Quito, bisogna cercare clienti,
se il bus non si riempie fa un'altro giro per
la citta'.
Attraversiamo cittadine vivaci e colorate, nonostante
il buio la gente si attarda nei ristorantini improvvisati
all'aria aperta a mangiare zuppe di pollo, empanadas,
chulettas, seco de pollo, charrascos e chorizos,
ma sono le 3 del mattino! Arriviamo a Quito all'alba,
subito in hotel a riposare dopo una doccia che
ci ha lavato di dosso le sporcizie e la polvere
presa a Manta. La mattina successiva Roberto si
sveglia con un febbrone da cavallo, chiamiamo
un medico d'urgenza, arriva in venti minuti seguito
da un'infermiera in camice azzurro, ha una scatola
con una grossa siringa in mano che ostenta con
orgoglio, fortunatamente non la usa. Diagnosi
in cinque minuti, tifo!, eppure siamo stati attenti.
Qualche pastiglia di cloranfenicolo e la sera
tutto e' a posto. Visto l'efficienza sanitaria
mi decido di controllare che non mi sia rotto
una costola, il costato mi fa male e non mi fa
dormire. Andiamo in un centro medico, mi accoglie
un campesiño con un camice da necroforo,
penso di avere a che fare con un'usciere, ma e'
l'ortopedico. Mi palpa la parte dolente e mi fa
una rx, tutto a posto, pago 12 dollari (dieci
euro) e mi dimette. Rimessi in sesto approfittiamo
per un'ascensione a piedi al rifugio del cotopaxi
a quota 4900 mt, giusto per verificare la forma,
tutto ok, domani si vola alle Galapagos, meritato
riposo lontano dal caos, dalla sporcizia di Manta,
dal traffico pesante e...dai cani.
Hasta luego e grazie per l'attenzione
che dall'italia ci avete dato, ora pensiamo al
prossimo viaggio in bici, dove?, il mondo e' tanto
grande, c'e' l'imbarazzo della scelta
Enzo e Roberto
From: enzo pascalis
Sent: Tuesday, March 07, 2006 1:38 PM
Subject: rientro in italia
Il
rientro di Enzo e Roberto: chissà, forse,
può darsi.
Dopo un viaggio ricchissimo di emozioni, colori,
paesaggi affascinanti, gente ospitale e...cani,
ci apprestiamo al lungo viaggio di rientro. Sveglia
alle 4 del mattino, occorre essere all'aeroporto
2 ore prima del volo, non si sa mai che ci siano
problemi. All'aeroporto al banco accettazione
Avianca, volo AV066, c'è una fila lunga
100 metri, mancano 2 ore alla partenza, attendiamo
pazienti il nostro turno. Davanti a noi ci sono
ancora poche persone, dietro di noi pure, ma qualcosa
di strano c'è; al banco discussioni animate,
gente che protesta, via vai di addetti ed inservienti
aeroportuali, mi faccio avanti per capire.....lapidario
l'addetto all'imbarco Avianca dice che i posti
sono terminati, overbooking! . Chiedo spiegazioni
mostrando il biglietto rilasciato dall'Alitalia
con destinazione Cagliari via Bogotà-Caracas-Roma,
mi dicono che loro non possono farci nulla, di
rivolgermi all'Alitalia. Contesto duramente il
menefreghismo e la poca serietà della compagnia
Avianca, ma solo quando batto un pougno con violenza
sul banco accettazioni ottengo attenzione, anche
da parte di due poliziotti, armati come marines,
che si avvicinano frettolosamente. Nulla da fare,
nonostante le proteste vivaci, anzi violente,
nonostante cito il nome della mamma del responsabile,
questo si limita a dirci che ci avrebbe fatto
partire col volo del giorno dopo. Ci ritroviamo
ad ingrassare ed inciampare nelle numerose stelle
dell'Hotel Hilton di Quito in attesa del giorno
dopo. Mattino successivo alle 4 ancora in aeroporto,
la malasorte ci perseguita, il volo è ritardato
di 5 ore, potevano avvisarci e farci dormire qualche
ora di piu. Ci hanno cambiato il piano di volo,
non su Roma ma su Milano Malpensa, ma siamo sempre
in Italia, va beno lo stesso. Si parte alla volta
di Bogotà dove arriviamo qualche ora dopo.
Ci fanno scendere dall'aereo in transito per ripulire
los assientos, è solo un piccolo perditempo,
i bagagli rimangono nella stiva. Mi danno un transit
per rimontare su, a Roberto gli dicono che lui
riparte "alla tarde" (la sera). Roberto
protesta gentilmente, è un signore, loro
no. Alzo la voce spiegando che siamo insieme e
il bagaglio è dentro l'aereo, si avvicinano
due poliziotti armati di bombe a mano, ci manca
solo che ci fermino per un controllo, potrebbero
trovarci cocaina, da queste parti riempiono le
intercapedini degli aerei e metterti nei guai
per loro è facile, ti mettono qualcosa
in tasca e poi sono cavoli tuoi. La hostess ricontrolla
i biglietti e si accorge dell'errore, ripartiamo
juntos. Finalmente siamo distesi e sereni, a Caracas
troveremo l'Alitalia, la nostra compagnia di bandiera.
Al transito di Caracas attendiamo inutilmente
di sentire scandire i nostri nomi, ma purtroppo
l'Avianca non si è preocupata di confermare
il volo AZ667, per noi c'è la lista d'espera
(attesa). Altra discussione animata con un'imbecille
con i "galloni" dell'Alitalia, ma è
un addetto venezuelano. Ci manda a protestare
con il "supervisore" Avianca, lo cerchiamo
per mezzo aeroporto entrando e uscendo da numerosi
varchi e controlli, alla fine siamo talmente radioattivi
che quasi emaniamo luce. Mostro i biglietti al
supervisore, gli dico che sono carta igienica,
che l'Avianca è poco seria, che sono dei
delinquenti. Nulla da fare, il problema è
sempre Alitalia. Chiamo Francesca, l'amica dell'agenzia
"planet hearth" di Quartu, ci rifà
la prenotazione e partiamo.
Chiaramente i bagagli sono arrivati dopo dei giorni,
ma arrivati. Raccomandazione ai viaggiatori, diffidate
della compagnia Colombiana Avianca, a
meno che non volete movimentare un viaggio monotono,
loro ci riescono bene. Ma se al posto nostro ci
fossero state persone...poco uscite?, forse sarebbero
ancora a Quito a chiedere elemosina o a suonare
il flauto andino.
Nonostante questi contrattempi, dovuti ad una
compagnia aerea colombiana, l'Ecuador rimane un
posto unico al mondo, una concentrazione di fauna
e flora straordinaria, un paese ospitale e sicuro,
gente semplice e buona e ...cani mansueti.
Hasta luego
Roberto&Enzo
From: enzo pascalis
Sent: Tuesday, March 07, 2006 6:02 PM
Subject: ecuador
in pillole
L'Ecuador è il piu piccolo dei paesi andini,
si sviluppa proprio sulla linea dell'equatore
e questo fatto, nonostante l'altezza media sul
livello del mare piuttosto elevata, consente un
clima temperato sugli altipiani, caldo torrido
sulla costa e caldo umido nella regione amazonica.
Cultura e paesaggio offrono piu spunti rispetto
agli altri paesi sudamericani e non solo. Quito,
la capitale, situata a 2850 metri di altitudine,
è stata dichiarata patrimonio dell'umanità
dall'Unesco per via del suo splendido centro storico
coloniale, mantenuto intatto grazie ad un piano
edilizio ben controllato dalla municipalità
quetena. La ricchezza dei numerosi e coloratissimi
mercati indigeni andini, i remoti villaggi amazonici
dove ancora vivono piccole comunità indigene,
le calde località della costa pacifica
e l'arcipelago delle Galapagos rappresentano,
insieme al Cotopaxi, il più alto vulcano
in attività della terra (5897 mt) e il
Chimborazo ( 6300 mt), un biglietto da visita
di tutto rispetto. Credo che nessun paese al mondo
raccoglie in così poco spazio tutto questo.
Per gli amanti del birdwatching c'è solo
l'imbarazzo della scelta, circa 1500 specie di
uccelli, praticamente un sesto di tutte le specie
ornitologiche della terra. La piccola estensione
dell'Ecuador permette in poche ore di passare
dalle perenni nevi andine alle calde acque delle
Galapagos. Vi assicuro che nuotare fra pinguini
e leoni marini, sotto lo sguardo attento degli
squali ( qui dicono che sono vegetariani!!) è
un'emozione unica. Girare per le isole a bordo
di piccole imbarcazioni ed ammirare da pochi passi
le le sule piediazzurri, coloratissime iguane,
enormi albatros, fregate e le gigantesche testuggini,
è uno spettacolo da non perdere.
Non si possono fare paragoni con altri paesi latinoamericani,
con i poverissimi villaggi andini peruviani e
boliviani, con gli imponenti siti inca di Machu
Pichu o Tiahuanaco, con la struggente bellezza
degli aridi e altissimi Salares Boliviani, con
gli sterminati spazi e i ghiacciai Patagonici,
l'Ecuador è l'essenza del sudamerica, il
paese ideale per scoprire in poco tempo la cultura
andina.
Se poi avete la passione della bici e soprattutto
"le gambe", scoprire questo paese girando
su due ruote, vi permetterà di assorbire
più intensamente ogni suono, colore, profumo,
di parlare col campesino per strada, con il poliziotto,
con ogni persona che incontri sul tuo cammino,
tutti hanno piu rispetto ed ammirazione per chi
scopre la loro terra con sudore e fatica...boun
viaje y hasta luego!
da leggere:
"Fin del mondo"
"Sudamerica in bicicletta"
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