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dal 12/1/2008


© G.S.Chilometrando

Diario di un viaggio in Ecuador

28 gennaio 2006

di Enzo e Roberto - Cagliari

 

Ecco un’immagine della mia prossima meta. A novembre parto per gli altipiani fra Cile, Argentina e Bolivia, percorrerò gli sterrati che s’inerpicano sulle Ande a quote che oscillano fra i 4000 e i 5000 metri fra i vulcani della cordigliera.

Cercherò di salire sul passo più alto del mondo a 5750, poco sotto il volcan Uturrunco, dopo aver attraversato il Salar di Uyuni, una distesa salata a 4000 metri di quota grande come mezza Sardegna.

Non è assolutamente né una sfida né un’impresa, è solo un’escursione, un po’ lontana da casa. Le imprese le compiono i “poveracci” che partono dal centro Africa, attraversando i grandi deserti sahariani prima di giungere sulle coste mediterranee ed imbarcarsi sulle carrette del mare per raggiungere l’Europa. Molti non hanno neanche le scarpe ai piedi e un numero imprecisato di loro muore di stenti nelle sabbie desertiche. A presto, Enzo.

Leggi il racconto in pdf

Diario di un viaggio in Ecuador

28 gennaio 2006


Dopo un viaggio interminabile con scali a Roma, Caracas e Bogota' con varie peripezie per non pagare l'eccesso bagaglio ( a Cagliari volevano farci pagare 520 euro a bici!!!), finalmente siamo arrivati a Quito. La prima impressione e' stata positiva; a 2800 metri di altura la citta' offre scorci panoramici interessanti ed un centro molto pulito ed ordinato. Strano ma vero, ma per chi conosce le citta' sudamericane, caotiche e disordinate, la capitale Ecuadoregna fa eccezione. La gente e' cordiale come di tradizione dei popoli andini, i giovani sono numerosissimi ( che gli anziani muoiano prima?) ma meno chiassosi ed indisciplinati dei nostri, nelle bellissime piazze circondate da edifici coloniali, molto ben conservati, la gente si attarda ad ammirare numerosi "saltimbanco" o attori ed artisti improvisati, sembra di tornare un po dietro nel tempo. Con Roberto ci siamo concessi una giornata di svago gironzolando per le coloratissime vie del centro fra bancarelle e negozietti, lustrascarpe e prostitute, mendicanti e uomini d'affare, tutto alla luce del sole, anche quello vero e caldo che nonostante l'altezza si fa sentire.
Ora ci prepariamo a rimontare le bici e i carrelli per puntare la ruota ad oriente verso la regione amazzonica, ma prima bisogna svalicare un passo a 4100 metri!!!!, meglio affittare un pick-up.
Hasta luego - Enzo e Roberto

 

31 gennaio 2006

Abbiamo lasciato Quito con un minibus tutto per noi, la citta' e' immensa e circolare con la bici e' puro suicidio. Svalicato un passo a 4200 in uno scenario irreale, ci siamo fermati a Papallacta ( 3300 mt), villaggio di 100 anime famoso per le numerose piscine termali. La sistemazione in un hostal semplice ma dotato di una sorta di saletta giochi, ci ha consentito di rimontare bici e carrelli in assoluta tranquillita'. Fortunatamente le nostre "bambine" sono sopravissute al lungo viaggio. La mattina successiva, di buon ora, partiamo per l'avventura ecuadoreña; fa freddo e piove, inoltre la strada che percorriamo e' molto trafficata. Grossi camion fanno spola fra la regione di Quito e i pozzi petroliferi di Lago Agrio, nell'amazzonia nord-orientale, fortunatamente siamo veloci come loro e la strada, asfaltata, ci risparmia una fine da blatte. Dopo 40 km e 1500 metri di dislivello, in discesa, arriviamo a Baeza ( 1850 mt). Nel villaggio non c'e' nulla, ma l'hostal e la calorosa accoglienza del proprietario rendono la serata piacevole e rilassante. Mattino del 30 gennaio, fuori piove ma non fa freddo. Partiamo alle 8 dopo una colazione a base di frutta e succhi tropicali, la strada che ci attende ci mette un po d'ansia. Le informazioni che abbiamo sono contraddittorie, c'e' chi dice che la strada e' asfaltata, chi dice che e' sterrato buono, chi dice che lo sterrato e' malo e barrancoso, lo scopriremo dopo pochi chilometri. Primi 10 km di asfalto in ascesa sino al "mirador de la viergen", dopo solo sterrato sconnesso e duro, ma si scende in uno scenario di incomparabile bellezza. Attraversiamo sconfinate e fittissime foreste immerse in un mare di nuvole, sembra che la foresta sprigioni vapori come se bollisse, ci emozioniamo per la bellezza delle ande preamazzoniche. Rapidamente scendiamo di quota sotto una pioggia sottile ma non fastidiosa, ogni curva nasconde vedute mozzafiato, non sentiamo nemmeno la fatica e le forti vibrazioni provocate dal fondo sconnesso. Nelle quote piu' basse palme e banani ci danno il benvenuto in amazzonia. Dopo 8 ore arriviamo a Tena ( 500 mt), siamo in piena amazzonia, e si sente dal calore che ci asciuga le ossa. Mi spiace per voi che state lottando contro il freddo pungente dell'inverno, ma vi pensiamo con partecipazione.
p.s. Roberto ha scoperto di essere un discesista, 2800 metri di dislivelo in 130 km....e su sterrato!
Hasta luego
Roberto ed Enzo

 

3 febbraio 2006


Ieri notte abbiamo cenato 2 volte, tale era la fame dopo i novanta chilometri da Tena a Puyo. Le forti vibrazioni dello sterrato pessimo e gli interminabili saliscendi hanno lasciato il segno proprio nel punto piu' delicato del ciclista....
Questa mattina, un po doloranti ma ben determinati, siamo partiti alla volta di Baños ( 1880 mt). La strada asfaltata ha preso a salire subito con forti pendenze, e quando trovavamo il ritmo...scendeva vanificando lo sforzo. Dopo una trentina di chilometri la pioggia ci ha lavato un po di sudore, ma tutto sommato da queste parti e' come farti una doccia tiepida. Quando tutto sembrava presagire un tranquillo trasferimento, ecco l'imprevisto, una serie di tunnel non transitabili in bici ci costringevano a delle deviazioni su sterrati del vecchio tracciato, sicuramente belli e suggestivi, ma col fondo schiena ancora dolorante potevamo farne a meno. Una sosta per ammirare la cascata del " paillon del diablo", molto bella, ma da qui a definirla l'ottava meraviglia del mondo...ce ne passa. Riprendiamo la salita con le gambe di piombo e superato l'ultimo desvio, ecco una enorme frana che ci impedisce di avanzare. Mezza montagna e' venuta giu' a causa delle forti pioggie, la strada e' sotto mezzo metro di terra e massi, ma le ruspe dell'Anas Ecuadoreña lavorano velocemente e ci lasciano passare. Quando tutto sembrava finito e i chilometri hasta Baños diminuivano, nell'ultima galleria, stretta la meta' del vecchio tunnel per Cala Gonone, non avendo la possibilita' di aggirarla per un desvio...l'abbiamo percorsa contromano con le frontali e una strizza terribile. Finalmente un cartello posto dopo un tratto di salita ci dice che siamo giunti a Baños, ma e' solo uno scherzo di pessimo gusto, Baños e' ancora qualche km piu' su e le forze sono esaurite, a stento riusciamo a trovare un'hostal, ancora qualche metro e saremmo crollati. Abbiamo l'aspetto di due reduci della guerra di Abissinia, cotti, tirati e...affamati.
Hasta luego
Roberto ed Enzo

 

9 febbraio 2006

Dopo aver trascorso 1 giorni di riposo forzato a causa della pioggia a Riobamba ( 2800 mt), bella cittadina andina ma fotocopia delle altre, la mattina del 7 partiamo con destino Pallatanga ( 1500 mt). Le informazioni di cui siamo in possesso riguardo il percorso sono contraddittorie; la polizia locale ci indica una carretera con un passo a 3200 mt, un'agenzia di trekking un'altro percorso, praticamente tutto in discesa. Considerato che in Ecuador non esistono carte stradali con le altimetrie, c'e' solo da scoprirlo strada facendo. Si parte in salita, giusto per scaldarsi, visto che la temperatura e' fresca. Dopo pochi km siamo fuori dall'erea urbana, la panamericana in questo tratto e' piuttosto trafficata da mezzi pesanti che collegano il nord del paese con le aree verso il confine peruviano. Finalmente lasciamo questo tratto inquinato dagli scarichi per deviare in una strada piu' tranquilla, ma con pendenze molto importanti. L'altimetro indica che siamo gia' a 3200, ma del passo neanche l'ombra. Il paesaggio andino e' bellissimo, le vedute aeree sono da cartolina, ma lentamente la vegetazione diventa sempre piu' rada e questo sta ad indicarci che si sale ancora. Dopo una serie interminabile di tornanti all'insu', finalmente si intravede il passo, siamo a 4000, mai prima d'ora cosi' in alto. Il peso a traino di 40 kg ci ha fatto venire le gambe di piombo, ma nonostante l'aria sottile, il fiato c'e' e non accusiamo alcun problema di quota. Ci copriamo come palombari prima dell'immersione, un'immersione che ci portera' giu' di 2500 mt. Roberto pensava che la discesa da campuomu fosse proibitiva, mai avrebbe pensato di scendere dalle ande con un carico del genere. La strada e' sconnessa e i freni sono sempre in tiro. Attraversiamo numerosi villaggetti di povera gente, i campesiños rientrano alle loro abitazione con carichi da muli sulla schiena ( ecco perche' sono tutti ingobbiti), man mano che si scende la temperatura sale e gli alpeggi d'alta quota (paramos) sono sostituiti da foreste tropicali. A 3000 metri di quota le nuvole basse rendono il paesaggio straordinariamente affascinante, ci fermiamo piu' volte a far foto e ...a far riposare le mani doloranti per il lavoro dei freni. Quando oramai sentivamo il profumo di un "caldo de gallina", ecco che le nuvole si fanno fittissime, nebbia da tagliare a fette. Per un'ora navighiamo senza riferimenti, si vede giusto 2-3 metri. Sono chilometri estenuanti, le auto ci superano sfiorandoci, ogni volta un brivido ci sale per la schiena. Ci si mettono anche i cani, loro ci vedono e ci costringono a scendere dalle bici per cercare qualche sasso, ne colpisco uno....cai, cai, cai! ( se vedo uno dell'associazione per la protezione dei cani...!.). Finalmente si arriva a Pallatanga, stanchi e affamati. Nel villaggio non c'e' nulla, giusto qualche tienda e officine per il cambio d'olio e freni dei camion. Troviamo da dormire a 3 km dal villaggio, ma non c'e' da mangiare. Siamo costretti a rientrare a piedi ( giusto por rimanere in forma) al villaggio per consumare un pasto andino in un punto sosta dei camion, riso con lomito trasparente come l'ostia.....che fame, la notte ho gli incubi e sogno spaghetti e pasta al forno!
La mattina dell' 8 partiamo sotto una pioggia sottile ma gradevole, fa caldo e ha l'effetto di temperarci, la strada scende ancora ma siamo riposati e piu' tranquilli, prima della partenza ho cambiato per la seconda volta i pattini freni a Roberto, tutto sommato avremo fatto almenno 6000 metri di discesa, chi l'avrebbe detto?.
Arriviamo in pianura e il caldo diventa affoso e insopportabile, facciamo piu' soste per bere e far scorta di liquidi. Dopo 140 km percorsi tra coltivazioni di banani arriviamo in prossimita' di Guayaquil, citta' di 2.500.000 di abitanti e' caotica e pericolosa per essere posseduta con le bici, ci fermiamo a Duran nel primo hostal che troviamo. La notte c'e' musica nelle stanze, serve per coprire l'ansimare degli ospiti.....e' un'albergo a ore, ma siamo stanchi e non sentiamo nulla.
Hasta luego
Roberto ed Enzo

Salinas

 

e-mail del 15 febbraio 2006 h. 15,17

Dopo i ritmi notturni dell'hostal a ore di Duran, decidiamo di trasferirci al centro di Guayaquil, citta' di oltre 3 milioni di anime, situata sull'estuario del rio guaya, porto importante del pacifico. A parte l'avenida 9 de octubre, cuore elegante della citta', e il lungomare, anzi lungofiume, malecon 2000, passeggiata chiusa al traffico e supersorvegliata al punto che se non stai attento inciampi in un poliziotto, la citta' non offre nulla di particolarmente interessante. Decidiamo di partire subito verso la costa, destinazione Salinas. Con una camionetta ci facciamo trasportare in periferia, il traffico e' caotico e non vogliamo correre rischi. Rimontiamo bici e carri sotto un cavalcavia, piove a dirotto ma fa caldo, il traffico in quel punto ci spaventa. La sorpresa amara e' dopo qualche chilometro... si varca un casello autostradale!. Nell'autostrada le bici e ...i cani possono circolare liberamente, quelli li trovi ovunque, sempre pronti ad inseguirti. Percorriamo i 140 km piu' deprimenti e faticosi della nostra storia ciclistica, non c'e' cosa peggiore di andar in bici in una strada larga con una serie interminabile di saliscendi dove i "sali" sono rasoiate alle gambe. Immaginate di percorrere la 554 per una tale distanza, con mezzi pesanti sbuffanti come locomotive che ti fanno il pelo. Arriviamo succhiati fisicamente e psicologicamente, ma non potevamo evitare questa punizione, le informazioni in Ecuador sono inattendibili, inoltre non esistono carte stradali a non meno di 1:5.000.000, praticamente francobolli.
Altra delusione è Salinas, la brutta copia di Cesenatico, grattacieli e locali per turisti su un mare che di grande ha solo l'estensione, ma e' sempre il pacifico, essere arrivati sino qui dall'amazonia scavalcando la cordigliera andina, ci gratifica.
hasta luego
Enzo e Roberto

Puerto Lopez.

e-mail 15 febbraio 2006 h.15,45


Dopo aver rischiato il colera a cena mangiando un ceviche di pescado, un piatto a base di pesce crudo marinato con limone e cipolle, ripartiamo verso sud per la "ruta del sol", una strada poco trafficata che in 250 km ci condurra' sino a Manta. Si costeggia il pacifico, continui saliscendi rendono il percorso suggestivo per i numerosi scorci panoramici sul mare, ma quando la strada si allontana dalla costa e' subito foresta pluviale, sconfinata fittissima, una delizia per gli occhi. Attraversiamo numerosi pueblos tutti identici, cani liberi, tiendas, mercatini, donne orribili con grandi tette e culi come mongolfiere spidocchiano i niños, uomini altrettanto brutti tengono la maglietta sollevata mostrando orgogliosamente pance grandi come angurie di Arborea, non venite qui a cercare la vostra anima gemella, qualcuno potrebbe anche trovarla. Ci guardano come fossimo marziani, suscitiamo invidia alle numerose persone che con le loro bici trasportano carichi voluminosi e pesanti, sacchi di patate, galline, maialetti, cartoni di uova e chissa' quant'altro.Ci fermiamo a Puerto Lopez, poco piu' di cinquemila abitanti, spiaggia grande e larga, onde da surf, strade infangate, sporcizia ovunque, cani pure. Alloggiamo presso un hostal molto curato gestito da un americano che dopo aver girato il mondo come marinaio, si e' fermato in questo sputo di posto a cercar fortuna. Stiamo un giorno a riposare, tentiamo anche un bagno ma la prima onda e' come un caterpillar, ci riporta sul bagnasciuga. Intanto montezuma colpisce, ma fa parte del viaggio, anche se stai attento nel mangiare, qualche batterio si infila anche dalle narici mentre ti fai la doccia, ma la farmacia personale e' ben fornita.
Hasta luego
Enzo e Roberto


From: enzo pascalis
Sent: Thursday, February 16, 2006 3:43 PM
Subject: San Lorenzo


A Puerto Lopez piove tutta la notte, pioggia incessante accompagnata al ritmo costante dell'onda pacifica che si infrange sulla battigia, i pensieri corrono sul percorso gia' fatto, sulle persone poverissime conosciute nell'attraversamento dei piccoli villaggi, alle salite durissime, alle discese lunghe e pericolose e ai freni consumati, alle foreste interminabili e alle coltivazioni di banani, all'acqua che costantemente ci ha tenuti freschi me anche al caldo torrido delle pianure.
Come ogni mattina la pioggia d'improvviso smette di cadere, prepariamo le nostre bici sotto lo sguardo incuriosito di una famiglia ecuadoneña, lui, il capo tribu', per augurarci un buon viaje ci dice che l'anno scorso sulla strada che percorreremo domani, due ciclisti belgi sono stati aggrediti e uno e' stato ucciso....evviva!. Tocchiamo tutto cio' che porti fortuna e partiamo.
Il percorso e' un'alternanza di scorci panoramici sul pacifico e foreste tropicali, piccoli villaggi di pescatori, case di legno e barche malandate a secco sull'arenile a causa della bassa marea. Attraversiamo un tratto di una trentina di chilometri senza ne villaggi ne traffico, mentre ammiriamo il paesaggio rilassati ma "cuidaos" pensando al belga "matado", un solco longitudinale sull'asfalto mi fa perdere il controllo della bici e finisco in cunetta. Mi rialzo subito per verificare di non aver nulla di rotto, ho battuto il costato e sono dolorante, brutta cosa la passione della bici, l'asfalto e' duro, ne so qualcosa. Ripartiamo mentre incomincia a piovigginare, non abbiamo piu' acqua, occorre fare una deviazione in un piccolo villaggio a cercarne, ma da queste parti sono "addormentati" dalla calura, riusciamo a farci comprendere e finamente ripartiamo con abbondanti scorte. All'uscita del villaggio i soliti cani ci aggrediscono, sono dolorante per la caduta e non intendo rischiarne un'altra, butto la bici di lato, afferro una grossa pietra e con un tiro perfetto ne centro uno......strada libera.
Riprendiamo a salire sotto un sole cocente, grondiamo come rubinetti aperti, 400 metri di dislivello secchi sono tanti dopo un centinaio di km, ci fermiamo in un hostal lungo strada, per oggi basta e avanza, domani si arrivera' a Manta, citta' costiera. Dormiamo pensando al belga.....
Hasta luego
Roberto&Enzo

p.s.

Ecco altre foto: scusate il formato pesante, i computers nei punti internet non hanno programmi di elaborazione immagini, la mia reflex l'ho impostata per un formato medio alto. Qui siamo solo due anni indietro nel campo informatico e telefonico, ma per i ritmi vertiginosi dell'evoluzione della comunicazione sono migliaia di anni luce.
A presto
Enzo

 

Sent: Sunday, February 19, 2006 12:01 AM
Subject: fine del viaggio


Nell'hostal ad una decina di km da S.Lorenzo si sta bene, l'atmosfera e' rilassante, intorno cavalli e vacche pascolano beati in grandi distese verdi rubate alla foresta tropicale. Pigramente rimontiamo i nostri carichi, un'altro giorno di relax ci sarebbe voluto anche perche' i postumi della caduta si fanno sentire.
La prima pate del percorso verso Manta e' gradevole, soprattutto si scende, un po e' come se avessimo un motorino e non la bici. Finita la lunga discesa ritrovamo il pacifico, in questo punto grigio e triste. Rincominciano i saliscendi, la "gamba" e' fredda e abbiamo la sensazione di avere piombo al posto dei muscoli. Lentamente il paesaggio si fa deprimente, fabbriche, magazzini, officine e discariche a cielo aperto prendono il posto della "naturaleza". Facciamo ingresso a Manta, sembra di entrare nella periferia di Kathmandu, o in quella di Calcutta, ma un po ricorda anche le nostre periferie, sporche, disordinate. Chiediamo informazioni per evitare di fermarci, magari proseguendo per una trentina di km verso Rocafuerte, ma le informazioni sono contradditorie, chi dice a destra e chi a sinistra. Un poliziotto ci sconsiglia di proseguire in bici, la strada e' "angosta e muy perigrosa, los carros matan los ciclistas". Ci ritroviamo intrappolati nel traffico piu' cautico che si possa immaginare, una colonnina indica 34 gradi e un tasso di umidita' al 100%, prendiamo la decisione piu' saggia, ci fermiamo. Roberto non si e' ancora ripreso dal "mal del viaggiatore", io ho le costole doloranti, decidiamo di smontare tutto e caricare su un pullman per Quito. La decisione si rivelera' azzeccata. Ci riposiamo per qualche ora in un'albergo squallido come il resto della citta', ma basta per farci una doccia in attesa del bus, che in otto ore di viaggio notturno, ci portera' a Quito. Abbiamo percorso 1000 km, difficili, mai un metro di pianura, mai una giornata senz'acqua, mai senza caldo opprimente, mai senza cani.
Alle 9,45 un bus senza servizi a bordo, un po sgangherato, lentamente esce dalla caotica Manta, il fattorino, con cravatta da far invidia a Berlusconi, mezzo fuori dalla porta , continua ad urlare...a Quito..a Quito..a Quito, bisogna cercare clienti, se il bus non si riempie fa un'altro giro per la citta'.
Attraversiamo cittadine vivaci e colorate, nonostante il buio la gente si attarda nei ristorantini improvvisati all'aria aperta a mangiare zuppe di pollo, empanadas, chulettas, seco de pollo, charrascos e chorizos, ma sono le 3 del mattino! Arriviamo a Quito all'alba, subito in hotel a riposare dopo una doccia che ci ha lavato di dosso le sporcizie e la polvere presa a Manta. La mattina successiva Roberto si sveglia con un febbrone da cavallo, chiamiamo un medico d'urgenza, arriva in venti minuti seguito da un'infermiera in camice azzurro, ha una scatola con una grossa siringa in mano che ostenta con orgoglio, fortunatamente non la usa. Diagnosi in cinque minuti, tifo!, eppure siamo stati attenti. Qualche pastiglia di cloranfenicolo e la sera tutto e' a posto. Visto l'efficienza sanitaria mi decido di controllare che non mi sia rotto una costola, il costato mi fa male e non mi fa dormire. Andiamo in un centro medico, mi accoglie un campesiño con un camice da necroforo, penso di avere a che fare con un'usciere, ma e' l'ortopedico. Mi palpa la parte dolente e mi fa una rx, tutto a posto, pago 12 dollari (dieci euro) e mi dimette. Rimessi in sesto approfittiamo per un'ascensione a piedi al rifugio del cotopaxi a quota 4900 mt, giusto per verificare la forma, tutto ok, domani si vola alle Galapagos, meritato riposo lontano dal caos, dalla sporcizia di Manta, dal traffico pesante e...dai cani.
Hasta luego e grazie per l'attenzione che dall'italia ci avete dato, ora pensiamo al prossimo viaggio in bici, dove?, il mondo e' tanto grande, c'e' l'imbarazzo della scelta
Enzo e Roberto


From: enzo pascalis
Sent: Tuesday, March 07, 2006 1:38 PM
Subject: rientro in italia

Il rientro di Enzo e Roberto: chissà, forse, può darsi.


Dopo un viaggio ricchissimo di emozioni, colori, paesaggi affascinanti, gente ospitale e...cani, ci apprestiamo al lungo viaggio di rientro. Sveglia alle 4 del mattino, occorre essere all'aeroporto 2 ore prima del volo, non si sa mai che ci siano problemi. All'aeroporto al banco accettazione Avianca, volo AV066, c'è una fila lunga 100 metri, mancano 2 ore alla partenza, attendiamo pazienti il nostro turno. Davanti a noi ci sono ancora poche persone, dietro di noi pure, ma qualcosa di strano c'è; al banco discussioni animate, gente che protesta, via vai di addetti ed inservienti aeroportuali, mi faccio avanti per capire.....lapidario l'addetto all'imbarco Avianca dice che i posti sono terminati, overbooking! . Chiedo spiegazioni mostrando il biglietto rilasciato dall'Alitalia con destinazione Cagliari via Bogotà-Caracas-Roma, mi dicono che loro non possono farci nulla, di rivolgermi all'Alitalia. Contesto duramente il menefreghismo e la poca serietà della compagnia Avianca, ma solo quando batto un pougno con violenza sul banco accettazioni ottengo attenzione, anche da parte di due poliziotti, armati come marines, che si avvicinano frettolosamente. Nulla da fare, nonostante le proteste vivaci, anzi violente, nonostante cito il nome della mamma del responsabile, questo si limita a dirci che ci avrebbe fatto partire col volo del giorno dopo. Ci ritroviamo ad ingrassare ed inciampare nelle numerose stelle dell'Hotel Hilton di Quito in attesa del giorno dopo. Mattino successivo alle 4 ancora in aeroporto, la malasorte ci perseguita, il volo è ritardato di 5 ore, potevano avvisarci e farci dormire qualche ora di piu. Ci hanno cambiato il piano di volo, non su Roma ma su Milano Malpensa, ma siamo sempre in Italia, va beno lo stesso. Si parte alla volta di Bogotà dove arriviamo qualche ora dopo. Ci fanno scendere dall'aereo in transito per ripulire los assientos, è solo un piccolo perditempo, i bagagli rimangono nella stiva. Mi danno un transit per rimontare su, a Roberto gli dicono che lui riparte "alla tarde" (la sera). Roberto protesta gentilmente, è un signore, loro no. Alzo la voce spiegando che siamo insieme e il bagaglio è dentro l'aereo, si avvicinano due poliziotti armati di bombe a mano, ci manca solo che ci fermino per un controllo, potrebbero trovarci cocaina, da queste parti riempiono le intercapedini degli aerei e metterti nei guai per loro è facile, ti mettono qualcosa in tasca e poi sono cavoli tuoi. La hostess ricontrolla i biglietti e si accorge dell'errore, ripartiamo juntos. Finalmente siamo distesi e sereni, a Caracas troveremo l'Alitalia, la nostra compagnia di bandiera. Al transito di Caracas attendiamo inutilmente di sentire scandire i nostri nomi, ma purtroppo l'Avianca non si è preocupata di confermare il volo AZ667, per noi c'è la lista d'espera (attesa). Altra discussione animata con un'imbecille con i "galloni" dell'Alitalia, ma è un addetto venezuelano. Ci manda a protestare con il "supervisore" Avianca, lo cerchiamo per mezzo aeroporto entrando e uscendo da numerosi varchi e controlli, alla fine siamo talmente radioattivi che quasi emaniamo luce. Mostro i biglietti al supervisore, gli dico che sono carta igienica, che l'Avianca è poco seria, che sono dei delinquenti. Nulla da fare, il problema è sempre Alitalia. Chiamo Francesca, l'amica dell'agenzia "planet hearth" di Quartu, ci rifà la prenotazione e partiamo.
Chiaramente i bagagli sono arrivati dopo dei giorni, ma arrivati. Raccomandazione ai viaggiatori, diffidate della compagnia Colombiana Avianca, a meno che non volete movimentare un viaggio monotono, loro ci riescono bene. Ma se al posto nostro ci fossero state persone...poco uscite?, forse sarebbero ancora a Quito a chiedere elemosina o a suonare il flauto andino.
Nonostante questi contrattempi, dovuti ad una compagnia aerea colombiana, l'Ecuador rimane un posto unico al mondo, una concentrazione di fauna e flora straordinaria, un paese ospitale e sicuro, gente semplice e buona e ...cani mansueti.
Hasta luego
Roberto&Enzo


From: enzo pascalis
Sent: Tuesday, March 07, 2006 6:02 PM
Subject: ecuador in pillole


L'Ecuador è il piu piccolo dei paesi andini, si sviluppa proprio sulla linea dell'equatore e questo fatto, nonostante l'altezza media sul livello del mare piuttosto elevata, consente un clima temperato sugli altipiani, caldo torrido sulla costa e caldo umido nella regione amazonica. Cultura e paesaggio offrono piu spunti rispetto agli altri paesi sudamericani e non solo. Quito, la capitale, situata a 2850 metri di altitudine, è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'Unesco per via del suo splendido centro storico coloniale, mantenuto intatto grazie ad un piano edilizio ben controllato dalla municipalità quetena. La ricchezza dei numerosi e coloratissimi mercati indigeni andini, i remoti villaggi amazonici dove ancora vivono piccole comunità indigene, le calde località della costa pacifica e l'arcipelago delle Galapagos rappresentano, insieme al Cotopaxi, il più alto vulcano in attività della terra (5897 mt) e il Chimborazo ( 6300 mt), un biglietto da visita di tutto rispetto. Credo che nessun paese al mondo raccoglie in così poco spazio tutto questo. Per gli amanti del birdwatching c'è solo l'imbarazzo della scelta, circa 1500 specie di uccelli, praticamente un sesto di tutte le specie ornitologiche della terra. La piccola estensione dell'Ecuador permette in poche ore di passare dalle perenni nevi andine alle calde acque delle Galapagos. Vi assicuro che nuotare fra pinguini e leoni marini, sotto lo sguardo attento degli squali ( qui dicono che sono vegetariani!!) è un'emozione unica. Girare per le isole a bordo di piccole imbarcazioni ed ammirare da pochi passi le le sule piediazzurri, coloratissime iguane, enormi albatros, fregate e le gigantesche testuggini, è uno spettacolo da non perdere.
Non si possono fare paragoni con altri paesi latinoamericani, con i poverissimi villaggi andini peruviani e boliviani, con gli imponenti siti inca di Machu Pichu o Tiahuanaco, con la struggente bellezza degli aridi e altissimi Salares Boliviani, con gli sterminati spazi e i ghiacciai Patagonici, l'Ecuador è l'essenza del sudamerica, il paese ideale per scoprire in poco tempo la cultura andina.
Se poi avete la passione della bici e soprattutto "le gambe", scoprire questo paese girando su due ruote, vi permetterà di assorbire più intensamente ogni suono, colore, profumo, di parlare col campesino per strada, con il poliziotto, con ogni persona che incontri sul tuo cammino, tutti hanno piu rispetto ed ammirazione per chi scopre la loro terra con sudore e fatica...boun viaje y hasta luego!

da leggere:

"Fin del mondo"

"Sudamerica in bicicletta"